Un abbraccio ai soccorritori del Vajont

Longarone ha dedicato il viale che passa davanti alla Fiera a chi l’aiutò a risollevarsi. Padrin: «Avete pianto con noi, stretto i bambini, curato le nostre ferite e alleviato il dolore»
Francesco Dal Mas

«Dal giugno del prossimo anno non sarò più sindaco di questa città che tanto amo, ma vi porterò sempre nel cuore». Si commuove, Roberto Padrin, quando incrocia questo passaggio del testo carico d’affetto per i tanti volontari arrivati 60 anni fa a liberare Longarone dal fango, soprattutto a ridare dignità ai corpi delle 1910 vittime, centinaia tuttora non trovate. E anche ieri erano davvero tanti – ne erano attesi 500, ne son giunti 1500 - da ogni parte d’Italia, per dire grazie, da parte loro, a Longarone.

Volontari di professione, ma volontari anche in nome della gratuità, tutti, davvero tutti, ha sottolineato con forza l’assessore regionale alla Protezione Civile, Gianpaolo Bottacin, accomunati da una grande umanità. Come quei vigili del fuoco che abbassano la visiera del casco per non far vedere che piangono quando estraggono “troppi morti”.

A tutti i soccorritori, Longarone ha voluto dedicare il viale che transita davanti alla fiera, alle scuole medie e all’area sportiva, cioè al futuro delle genti del Vajont. Con tre pannelli fotografici giganti che riportano altrettanti momenti significativi della macchina dei soccorsi attiva nelle settimane buie dell’autunno 1963. È stato davvero interminabile il corteo che dalla chiesa del Michelucci è sceso fino al viale, aperto dalla Fanfara degli ex Congedati della Brigata Cadore, il cui presidente è stato pure lui uno dei primi soccorritori. E poi labari, gagliardetti, gonfaloni tra Alpini, Protezione Civile, Vigili del fuoco, Croce Rossa, Bersaglieri e altri corpi dell’esercito. Alcune associazioni anche con i presidenti nazionali. A sistemarli tutti, sul piazzale dell’ingresso nord della Fiera, gli organizzatori hanno faticato non poco, per la folla che c’era.

Un popolo con un’anima ben precisa, come ha sottolineato Nicola Stefani, la voce degli alpini, e poi il sindaco Padrin, che era accompagnato anche dalla baby sindaca. «Il soccorritore», ha tenuto a precisare Padrin, «non è solo esempio di efficiente macchina organizzativa, in quella parola c'è un’anima, c’è una passione, c’è senso del dovere e grande sensibilità». La dedicazione di un viale rappresenta, appunto, quest’anima.

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«Riconoscerà quello che avete fatto per noi. È il nostro modo per dirvi grazie. Grazie per non averci lasciati soli nel nostro dolore, per averci dato tutto il vostro conforto e per esservi fatti carico di quella parte di tristezza che potevamo condividere intimamente solo con voi. Grazie per aver pianto con noi (si commuove di nuovo il sindaco e i presenti rispondono con un applauso, ndr) e per aver stretto forte i nostri bambini, per aver curato le nostre ferite e alleviato il nostro dolore e per averci dato quel sostegno e quella forza senza cui non saremmo mai potuti rinascere».

Per il sindaco di Longarone non ci sono dubbi. Il disastro del Vajont ha segnato la nascita del sistema nazionale di Protezione Civile, che poi di fatto ha avuto nel terremoto del Friuli il primo sviluppo concreto. «Voi ci avete ricordato e ci ricordate che cosa conta davvero». Eccolo l’assessore che, avvicinato da molti volontari, si sente ripetere: ma quando diventerai capo del Dipartimento nazionale?

«Il sistema di Protezione Civile passa per il Vajont e oggi è un’eccellenza mondiale riconosciuta», afferma Bottacin guardando negli occhi i tanti volontari, come pure i professionisti della Pc. «La cosa più importante è lo spirito di solidarietà, allora come oggi. Con orgoglio posso evidenziare che il Veneto, grazie ai suoi volontari, in questi anni non solo ha acquisito un ruolo di eccellenza nel sistema di Protezione Civile, apprezzato a livello nazionale ed internazionale, ma è anche la prima Regione per numero di aderenti in proporzione agli abitanti».

I soccorritori sono eroi? Si è poi chiesto Bottacin. «Sono professionali, tempestivi. Sono persone normali, che a casa hanno una famiglia e partono senza sapere dove vengono mandati, disponibili 24 ore su 24. Ma soprattutto sono dotati di una grandissima umanità». Nel 1963 la grande forza dei soccorritori è stata la generosità, la solidarietà. Oggi a tutti i livelli, anche del volontariato, c’è una marcia in più, quella della professionalità.

Padrin, Bottacin e le altre autorità presenti, hanno provveduto quindi all’intitolazione del viale e anche all’apposizione di una targa che ricorda i genieri alpini Florindo Pretto e Giovanni Urriani che hanno perso la vita in servizio proprio quel 9 ottobre 1963.

Dopo la cerimonia i soccorritori hanno pranzato tutti insieme nei padiglioni della fiera, dove hanno assistito allo spettacolo teatrale “Stelle nel Fango”, tratto dal libro “L’Abbraccio e la parola” di Viviana Capraro, raccolta di testimonianze dei giorni terribili dopo la catastrofe.

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