Pupi Avati: «Così le mie bugie diventavano realtà»

Il regista ha incontrato il pubblico nell’ultima delle Masterclass, sempre affollatissime, promosse dalla Mostra del Cinema al Lido
Alberto Fassina
Pupi Avati al Lido per la Masterclass
Pupi Avati al Lido per la Masterclass

Che Pupi Avati sia un abile narratore lo si capisce anche dall’incredibile capacità di raccontare se stesso e il suo cinema al pubblico che gli sta di fronte. Così è stato nell’ultima masterclass di questa Mostra. Un affabulatore talmente abile che, come ha ricordato venerdì 6 settembre, riusciva a rendere reali anche le sue bugie.

«Da trent’anni racconto la storia di quando durante una tournée nella mia precedente vita da musicista, provai ad attentare alla vita di Lucio Dalla, compagno di band che invidiavo profondamente, cercando di farlo cadere dal punto più alto della Sagrada Familia. Questa storia totalmente falsa un giorno la sentii raccontare da Lucio in una trasmissione. Quell’aneddoto diventò vero addirittura per lui che ne era protagonista».

Ascoltando la sua versione non si sa se crederci, ma questo è anche un po’ il modo di realizzare il suo cinema: «La sala buia ti dà l’opportunità di rendere credibile l’inverosimile. Nell’“Orto americano”, il film che chiude questa Mostra, un thriller gotico, ci sono delle situazioni nelle quali mi auguro che il pubblico si identifichi. È necessario vedere qualcuno che ti somiglia per poi condurlo in un percorso che sale, scende, precipita. Questo movimento produce spavento. E io sono particolarmente legato a questa emozione che conosco fin da bambino, quando mi addormentavo con le storie della cultura contadina o nell’inquietudine che provavo attraverso la mia educazione cattolica anche questa legata a figure capaci di spaventare. La paura, anche in un bambino, attrae e respinge, e questa combinazione mi sembra particolarmente efficace e stimolante».

La sua lunga conversazione è stata arricchita anche da aneddoti legati alla sua creatività: «Le idee ti nascono dentro, non sai bene da dove arrivino. Sono come una donna che ha voglia di conoscere e divertirsi e che magari va a letto con un uomo diverso ogni sera. Poi quando capisce di essere incinta si tiene questo segreto per sé, poi lo condivide e così facendo lo fa crescere e lo fa nascere».

Sicuramente un ruolo importante nel concepire una storia e nel realizzarla ha avuto anche la pianura che va da Ferrara al Delta del Po: «Il Delta è l’unica zona incontaminata della mia regione. È un luogo fatto di cielo, acqua, aironi, qualche casa sperduta e attraverso le varie luci di una giornata procura suggestioni, rassicuranti e terribili. Lì è un contesto dove tutto è possibile. Lì c’è un non tempo, puoi ambientare una storia degli anni ’40 o del ’700. Non ho mai trovato contesti che mi permettessero questa libertà».

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