Il ministro Crosetto: «Nano politico e militare: l’Europa cambi passo e punti sull’innovazione»
Ministro Guido Crosetto, perché sono importanti queste europee più che in passato?
«Perché il mondo che viviamo oggi è cambiato in modo tumultuoso e, purtroppo, tragico. Da due anni abbiamo una guerra sanguinosa in Ucraina, a causa dell’aggressione della Russia. Anche nazioni storicamente neutrali oggi si sentono minacciate e in pericolo. C’è una guerra vera, violenta ai confini dell’Europa, che la Ue non è pronta ad affrontare e le nostre opinioni pubbliche sono stanche. Poi c’è il terribile massacro di civili israeliani inermi del 7 ottobre che ha causato la giusta risposta di Israele. Israele, che, però, con l’attacco militare su Rafah ha superato un confine pericoloso. Infatti cerchiamo di fermarla».
Ma l’Europa non esercita alcuna influenza in nessuno dei due teatri di crisi…
«La Ue ha provato a chiedere a Israele di fermarsi, ma di fatto è impotente. Conta cosa fanno gli Usa perché l’Europa non esiste come voce politica forte ed unica, ma come somma di 27 voci deboli e dissonanti. L’unica reazione seria è stata contro gli Houti che impediscono la libera circolazione delle merci nel Mar Rosso. La missione Ue “Aspides”, di cui l’Italia ha il comando militare, sta tamponando la falla che si è aperta. La pressione migratoria dall’Africa sale e qui la sola risposta concreta e fattiva l’ha fornita l’Italia, con il piano Mattei. La Ue non è solo un gigante economico e un nano politico, è un nano anche militare, nella difesa collettiva e non è pervenuta sulle grandi strategie, anzi: le ha sbagliate quasi tutte per seguire una folle impostazione ideologica. Avremmo avuto bisogno di un’Europa che incentivasse a lavorare, innovare, produrre, investire ed invece ha regolato, cercato di far spostare le fabbriche, regalato ad Asia e Cina interi settori industriali. Una follia che dobbiamo fermare riportando buonsenso e visione».
Che messaggio porta FdI in Europa?
«Come partito, abbiamo lanciato uno slogan ambizioso: “Con Giorgia l’Italia cambia l’Europa”. Significa che serve la forza con cui la Meloni ci ha ridato dignità nel mondo per ridare dignità ad un’Europa stanca, burocratica ed annoiata. Noi vogliamo cambiare alcune decisioni sbagliate che la Ue ha preso sull’ambiente o sull’automotive, o sull’austerity o sui migranti. Votare per FdI vuol dire cambiare gli errori dell’Europa, da dentro».
In particolare?
«Tra i punti del programma: il sostegno ai lavoratori agricoli, contro gli eccessi del Green deal, la modifica radicale di una vera “eco-follia”, le case green, incentivi alla natalità, il superamento dell’austerity migliorando il Patto di stabilità con più flessibilità, la protezione dei confini esterni cooperando con gli Stati terzi. Volere un’Ue protagonista nello scenario internazionale vuol dire pure investire di più e meglio nella sua sicurezza».
È a favore o contro la nascita di un esercito comune Ue? E se nascesse, la Nato perderebbe centralità e finanziamenti?
«Arrivare a una difesa unica europea vorrebbe dire avere un unico reclutamento, un’unica formazione, un’unica accademia ufficiali. Ci vorrebbero almeno 20-30 anni. Noi non abbiamo quel tempo. Serve pragmatismo e velocità. Ecco perché dico che bisogna andare avanti, invece, con il “modello Nato”, che vuol dire che brigate dei diversi Stati membri si addestrano e operano insieme e, alla fine, nasce una cosa più grande, cioè la somma di 27 sistemi diversi».
Il segretario Nato è in scadenza, che profilo deve avere il suo successore? Può essere anche un italiano?
«Con una battuta potrei dirle che di sicuro sarà un... europeo. Ma solo perché, per Statuto della Nato, deve essere tale. È un mestiere ingrato che Stoltenberg ha svolto fin troppo a lungo, dato che è in carica dal 2014. Leggo che si parla molto dell’ex premier olandese Rutte, ma vi sono anche altri validi candidati. La decisione sarà collegiale. L’Italia ha già ottenuto un grande risultato: l’ammiraglio Cavo Dragone, oggi capo di stato maggiore della Difesa, sarà dal 2025 il nuovo capo del comitato militare Nato. Un risultato di grande prestigio sul quale ho lavorato molto».
L’Italia è isolata sull’uso delle armi per colpire la Russia. Dopo le europee cambierà posizione?
«Non siamo isolati, per nulla. Anzi, siamo considerati ed apprezzati a livello internazionale quanto mai negli ultimi decenni. Non solo perché fin dall’inizio abbiamo scelto di aiutare una nazione aggredita, sapendo che era la parte debole ma scegliendo di difendere il diritto internazionale contro la legge del più forte. Ci rispettano perché diciamo ciò che pensiamo anche quando non seguiamo la corrente. Come in questo caso».
Come può evolvere la situazione a Gaza?
«Abbiamo lavorato, in modo discreto ed efficace, per ottenere il risultato di una tregua, che speriamo si realizzi. Da amici (veri) di Israele, abbiamo sempre detto che l’offensiva di terra su Rafah doveva fermarsi. Iniziare una guerra è facile, finirla meno. Segnalo che l’Italia è stata tra i primi a fornire aiuti concreti ai civili di Gaza con navi-ospedale, ospedali da campo, bambini e donne portati in Italia e qui curati, presto con un nuovo massiccio piano di aiuti alimentari. Ci siamo guadagnati il rispetto dei palestinesi e dei paesi arabi».
Puntate a un’alleanza in Europa senza i socialisti? E quale sarebbe buon risultato per FdI?
«Credo sia possibile cambiare verso all’Europa con un’alleanza tra le forze di centrodestra e moderate, come in Italia accade dal 2001. Spero che il Pse vada all’opposizione. I suoi leader e le sue decisioni hanno creato solo danni. Ma in un Parlamento che si elegge con il sistema proporzionale le alleanze si formano dopo il voto. Forse non è un caso che, in Italia, vogliamo passare al premierato. Per quanto riguarda FdI, penso sia importante mantenere l’ottima percentuale presa alle Politiche: dopo due anni di Governo nelle peggiori condizioni che il mondo abbia mai affrontato da 75 anni, sarebbe un risultato ottimo. Ciò che mi preoccupa è l’astensionismo, una vera incognita: purtroppo non abbiamo capito quanto l’Europa possa incidere sulla vita nostra e dei nostri figli. Nel bene o nel male, a seconda del risultato».
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