Bonaccini: «In Europa per contare. Meloni capolista? Un segnale di debolezza»

Il capolista dem a Nord Est Bonaccini: «No ai sovranisti «Schlein ha fatto la scelta che riteneva migliore dopo essersi confrontata con tutti, altrove non succede»

Giovanni Tomasin
Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna candidato Pd alle Europee
Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna candidato Pd alle Europee

TRIESTE Stefano Bonaccini, candidato europarlamentare per il Pd, è sabato 4 maggio in regione per presentare la sua campagna. 

Presidente, ha affermato che con queste europee si conclude la sua guida dell’Emilia-Romagna. Cosa porterà in Europa di questi anni?

«Per 10 anni ho fatto il presidente di Regione stando pochissimo in ufficio e quasi sempre sul territorio fra le persone. Non spetta a me giudicare il mio operato ma l’Emilia-Romagna è diventata la locomotiva del Paese per crescita, occupazione, export. Ecco, la prima cosa che intendo portare con me a Bruxelles è questo enorme bagaglio di esperienze, relazioni e competenze. Mi servirà per rappresentare al meglio l’intero Nord Est».

In che modo?

«Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino-Alto Adige: in queste terre siamo pienamente Europa, perché viviamo nel mondo esportando eccellenze grazie a manifatture di altissima qualità e attraendo qui investimenti, talenti e turisti. Per questo abbiamo bisogno di esserci e di contare. Sento spesso dire “bisogna battere i pugni”. Ovviamente è una sciocchezza: nelle decisioni conti solo se ci sei, se sai bene chi e cosa devi rappresentare, se sai costruire alleanze».

Qual è l’obiettivo del Pd in questa tornata?

«I pronostici li lascio alle partite di calcio. Serve rafforzare la voce e il peso del più grande partito progressista e riformista del nostro Paese affinché lavoro e ambiente camminino insieme, perché i diritti delle persone e l’attività delle imprese non siano subordinati agli interessi della finanza, perché la democrazia e la pace tornino ad essere la missione dell’Europa. Queste cose non le può fare la destra sovranista, che ci isola e non ci permette di contare in Europa, che nega il cambiamento climatico e contrappone le ragioni del lavoro a quelle dell’ambiente, che rincorre Orban e strizza l’occhio a Putin».

Come valuta la scelta della segretaria Elly Schlein di correre come capolista nel centro e nelle isole? Come mai non nel Nord Est?

«Elly Schlein ha fatto la scelta che riteneva migliore, dopo essersi confrontata dentro al Pd, una cosa che non potrebbe accadere in nessuno dei partiti della destra, perché hanno chi comanda e decide da solo o da sola. Nelle cinque circoscrizioni noi abbiamo due capolista civiche, la segretaria e il sottoscritto. Sono orgoglioso e onorato di poter guidare il Pd nel Nord Est».

In Fvg c’è stato il caso della mancata candidatura di Debora Serracchiani. Come mai, secondo lei?

«Non mi pare una ricostruzione corretta: il Pd del Fvg ha proposto la candidatura di Debora Serracchiani e lei ha ritenuto giusto proseguire nel suo impegno a Montecitorio, iniziato un anno e mezzo fa. Credo abbia fatto bene il partito a proporla e trovo apprezzabile la sua intenzione di proseguire nell’impegno in Parlamento e come responsabile giustizia del Pd: rappresenta una risorsa per il partito nazionale e la comunità regionale. Aggiungo che la presenza di Sara Vito nella nostra lista è un’ottima proposta per il Fvg, come ha sottolineato molto bene anche la segretaria regionale, Caterina Conti».

Giorgia Meloni si mette alla testa di Fratelli d’Italia. Trasformerà le europee in un referendum sul governo?

«In una fase storica cruciale, con guerre e rivolgimenti geopolitici, crisi energetica e instabilità delle vie commerciali, la presidente Meloni ha preferito chiudersi dentro i confini nazionali chiedendo un voto per sé: lo trovo profondamente sbagliato. Ma è anche un segno di debolezza, perché la premier sa di non avere una classe dirigente credibile e spendibile da proporre per il Parlamento europeo e quindi deve sopperire lei. Non è un caso che proprio nel Nord Est Meloni abbia scelto come vicecapolista, dietro di sé, il no-vax Sergio Berlato, noto per sostenere che il Covid sia stato tutto un imbroglio».

Cosa pensa della scelta dei leghisti di candidare il generale Vannacci?

«Vannacci considera Mussolini uno statista mentre io ribadisco che il duce ha guidato un regime assassino; Vannacci propone classi separate per gli studenti con disabilità, mentre in Emilia-Romagna abbiamo appena portato a 12 milioni di euro il fondo per sostenere ragazze e ragazzi con disabilità durante l’intero percorso scolastico alle superiori, risorse che il governo aveva tagliato. Vannacci rappresenta tutto il contrario di ciò che per me serve all’Italia e all’Europa».

In corsa al centro troviamo Azione e Stati Uniti d’Europa. Alleati o sfidanti?

«Ha ragione Elly quando dice che già ora, sondaggi alla mano, se l’opposizione al Governo Meloni fosse unita sarebbe maggioranza nel Paese. Abbiamo il dovere di costruire una proposta per il Paese alternativa a quella della destra, con un centrosinistra largo, che vada dalla sinistra ai moderati che non si riconoscono in questa destra sovranista e nazionalista. Non farlo vuol dire assumersi la responsabilità di far governare Giorgia Meloni per altri dieci anni».

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