La Lega bellunese reclama un posto di governo: «Difendiamo noi la nostra montagna»

A Belluno la presentazione dei candidati del collegio.

Erika Stefani respinge le accuse: non ho deciso io le liste

Marcella Corrà
Le candidate della Lega Ingrid Bisa e Erika Stefani
Le candidate della Lega Ingrid Bisa e Erika Stefani

BELLUNO. Nessun candidato bellunese nelle liste della Lega per le prossime elezioni politiche? Ingoiato il rospo, la Lega bellunese rilancia e nel futuro governo, se sarà di centrodestra, chiede che ci sia un ruolo importante per un bellunese.

«Non sono così ambizioso da dire che vogliamo un ministro», ha messo le mani avanti il coordinatore provinciale Franco Gidoni, «però c’è l’aspettativa per un ruolo importante per un leghista bellunese».

Magari un sottosegretario, anche se sulla posizione non si azzarda nulla.

Il 2 settembre mattina, nella sede della Lega in via Masi Simonetti sono arrivati i candidati leghisti veneti che si presentano nel collegio bellunese per le elezioni politiche. Per l’occasione erano presenti anche diversi rappresentati locali del partito a livello amministrativo, sia a Belluno che a Feltre: i consiglieri regionali Silvia Cestaro e Giovanni Puppato, la sindaca di Valle di Cadore Marianna Hofer e il parlamentare uscente Mirco Badole, che nei giorni scorsi si è esposto in prima persona per raccontare tutto il dispiacere e il disagio della Lega locale per l’assenza di bellunesi in lista, prima volta dopo trent’anni.

C’era anche la ministra Erika Stefani che nel governo Draghi si occupa di disabilità, dopo un incarico agli Affari Regionali nel governo Conte. Salita a Belluno per presentare i candidati del suo partito e per illustrare quanto fatto negli ultimi cinque anni nei due ministeri di cui è stata al vertice, non ha voluto commentare le scelte sulle candidature. «Mi chiamo Stefani», si è limitata commentare con una battuta. «Ma è ad un altro Stefani che dovete fare la domanda sulla assenza dei bellunesi in lista», ha dichiarato riferendosi ad Alberto Stefani che da due anni è commissario regionale della Lega.

E alla domanda se la scelta dei nomi sia in un certo senso una sconfitta di Zaia che non ha saputo imporsi, la risposta è stata che Zaia è un presidente di Regione e ha un ruolo diverso nel partito. Badole non è intervenuto direttamente ma ha confermato di non aver cambiato opinione rispetto alle dichiarazioni di amarezza e anche di rabbia dei giorni scorsi.

«Sapevamo che poteva accadere questo», ha commentato Gidoni. «La riduzione di un terzo dei parlamentari ci ha obbligato a fare delle scelte. E in questa riduzione noi abbiamo pagato pegno. D’altra parte anche altri partiti sono in questa situazione, come il Partito Democratico. Roger De Menech nell’apertura della campagna elettorale del suo partito ha parlato di una legge elettorale non corretta: non si è avuto il coraggio di fare un passo avanti e mettere mano ai collegi elettorali per dare la possibilità a tutti i territori, anche quelli di periferia, di essere rappresentati. Questa legge elettorale non è vicina ai territori e occorrerà lavorare per modificarla».

I candidati leghisti presenti (Franco Manzato, Germano Racchella, Gianangelo Bof, Ingrid Bisa, Giuseppe Paolin) hanno assicurato il loro impegno a favore della montagna e dei territori periferici che hanno detto di conoscere bene. Manzato è stato per anni assessore regionale all’agricoltura, Bof è sindaco di Tarzo ed è stato presidente dell’Unione montana delle Prealpi trevigiane, Bisa è di Cavaso del Tomba, Racchella è di Bassano, ed è stato sindaco di Cartigliano, Giuseppe Paolin è di Possagno. La gran parte di loro è attualmente parlamentare. Una conferma quindi la loro candidatura alle politiche del 25 settembre.

La ministra Stefani, dopo aver illustrato una serie di provvedimenti a favore delle disabilità, tra l’altro riccamente finanziati, è tornata ad occuparsi di autonomia. «Abbiamo discusso a lungo per anni con vari settori dei ministeri sulla applicazione dell’autonomia regionale, tema spesso strumentalizzato e non capito. Ho messo da parte tutte le loro risposte, ottenute in ritardo, con fatica e dopo tante sollecitazioni. Alla fine del governo Conte ci siamo trovati davanti ad una mega riunione, quando sappiamo bene che per affossare un provvedimento basta fare una commissione allargata. E nel governo Draghi, un governo tecnico, si è andati avanti a compromessi al ribasso per mettere tutti d’accordo. Invece servono decisioni politiche coraggiose, sull’energia, sul nucleare, sul regionalismo differenziato. Con il referendum sull’autonomia», ha concluso Erika Stefani, «abbiamo ricevuto un mandato, una richiesta da parte dei cittadini che ora dobbiamo soddisfare».

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