Giovane atleta abusata durante una festa: «Dopo la violenza non mi reggevo in piedi»

A processo un 25enne accusato di violenza sessuale su una campionessa sportiva trevigiana, avvenuta durante la festa per i suoi 18 anni

Marco Filippi

Campionessa sportiva abusata da un amico durante la festa di compleanno dei 18 anni. Ha toccato momenti drammatici, il processo iniziato ieri in tribunale a Treviso nei confronti di un venticinquenne, residente nella Marca, accusato di violenza sessuale su una campionessa sportiva trevigiana (parte civile con l’avvocato Alessandra Rech).

Soprattutto durante la testimonianza della vittima del presunto abuso, che ha ripercorso la vicenda raccontando, soprattutto, le conseguenze psicologiche che la violenza le ha causato successivamente.

Era una sera del novembre 2021 quando la giovane festeggiò in casa di un’amica, in un paese dell’hinterland di Treviso, il suo 18° compleanno. Una festa in cui scorse tanto alcol e lei stessa ne abusò tanto che, su sua stessa ammissione, a un certo punto, quasi priva di sensi, fu portata in una camera da letto per farla distendere e dormire.

«Non mi reggevo in piedi», ha raccontato la ragazza. «Non ho un esatto ricordo di quello che successe perché ero completamente ubriaca e solo all’indomani ricostruii quando accaduto grazie ai racconti delle mie amiche».

L’abuso sessuale

A scoprire l’abuso furono alcune amiche che, ad un certo punto, entrarono nella camera da letto per vedere come stava l’atleta e trovarono l’imputato mentre stava praticando un rapporto orale all’amica diciottenne, in quel momento incosciente. Soltanto all’indomani, dopo aver ripreso i sensi dalla sbronza, la campionessa venne a sapere quanto successe e ricollegò il tutto con le sensazioni provate durante il suo stato d’incoscienza la notte precedente.

«Lui mi corteggiava - ha spiegato la giovane - ma io gli avevo sempre detto che con lui non mi sarei mai messa assieme perché non mi piaceva. Ma era come parlare col muro. Dopo quel che successe ho cercato sempre di evitarlo: avevo paura di lui».

Pesanti le conseguenze psicologiche patite per quello che successe quella notte: «Ho passato un lungo periodo - ha raccontato in lacrime in aula - in cui bevevo e facevo uso di sostanze stupefacenti per non pensare a quella notte. È stato un periodo buio: mi sono chiusa in me stessa, non uscivo di casa ed evitavo gli amici. Dormivo anche tanto perché quello mi aiutava a non pensare. Non riuscivo più a dare un valore al mio corpo e alla mia persona. Ho aperto anche un canale “only fans”.

Passai dallo psicologo allo psichiatra. Insomma, ho toccato il fondo finché all’inizio di quest’anno, grazie al supporto psicologico e allo sport, ho deciso di voltare pagina e studiare psicologia all’università proprio per aiutare le altre persone».

Il pianto in tribunale

Anche la madre della giovane atleta ha ripercorso in lacrime i momenti più bui della figlia: «Per due volte mia figlia mi ha annunciato via messaggio che voleva suicidarsi. “Vivere non ha più senso”, mi diceva. Ho passato dei momenti terribili», ha detto piangendo. «Dopo quello che era successo chiamai quel ragazzo che io non conoscevo e gli dissi di non avvicinarsi più a mia figlia perché aveva fatto una cosa bruttissima. Ricordo che per un periodo si era rinchiusa in casa e non voleva più uscire con gli amici e a scuola non riusciva più a concentrarsi».

Al termine dell’udienza i giudici del collegio presieduto da Gianluigi Zulian (a latere Marica Loschi e Laura Contini) hanno deciso di rinviare il processo a maggio per sentire altri testimoni.

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