A Treviso il Van Gogh di Goldin fu una vera rivoluzione culturale con code chilometriche
Dall’amore-odio con l’allora presidente della Fondazione Cassamarca, Dino De Poli, alla sinergia con il sindaco Manildo. Adesso la nuova scommessa dopo oltre un quarto di secolo

Non c’è due senza tre, nel rapporto tra Treviso e Marco Goldin.
E non c’è dubbio che al fondatore di Linea d’Ombra e a Dino De Poli, allora presidente della fondazione Cassamarca, la città debba la scoperta della sua vocazione turistica, oggi rilanciata dalla stampa d’Oltremanica che esalta il magic backyard di Venezia, e dai continui set di fiction e film, ma letteralmente creata dal ciclo di sei anni che a cavallo del Duemila cambiò per sempre la vita della città.
La rivoluzione di inizio millennio
Una rivoluzione per Treviso, che scoprì la sua vocazione di città d’arte e di polo turistico a colpi di code sovietiche che dal cuore del centro e dalla piazza dei Signori andavano alla casa dei Carraresi sede espositiva (602 mila visitatori il record della mostra su Van Gogh fra 2002 e 2003), con un indotto senza precedenti per il capoluogo, dai 60 miliardi di lire di fine anni ’90 al record superiore ai 50 milioni di euro nell’anno dei record. Tempi di hotel pieni nei weekend in tutta la Marca e fino a Sacile, di innovative strategie di marketing e di comunicazione, di sinergie e collaborazioni, di rete, di sistema territoriale che poi han fatto scuola.
Rimase memorabile la battuta, allora, di uno dei baristi del quadrante della Pescheria: «Meglio lavorare qui che sei mesi a Rimini».
E certo Treviso si fece conoscere in tutta Italia, ma anche all’estero, come nuovo riferimento di arte, cultura e svago, ideale per una due giorni.
Da allora nulla come prima
Da allora nulla è stato come prima, nonostante nel 2003, sul più bello, all’apice di quel progetto senza precedenti, De Poli e Goldin ruppero, e verosimilmente non certo, come allora venne ufficializzato dal primo, per la pasta e fagioli cucinata davanti a casa dei Carraresi nella maratona notturna di fine mostra.
E se Goldin cominciò il suo tour italiano e straniero con le successive iniziative di Linea d’Ombra - come dimenticare l’orecchino di perla di Vermeer a Bologna, Roversi Monaco mecenate, nel 2012? In molti sotto le Due Torri ancora rimpiangono l’evento e il rilancio della città tesoro turistico – e De Poli non ne volle più sapere degli impressionisti, dandosi alle mostre sulla storia della Cina con Adriano Madaro, la città poté sfruttare quel patrimonio e quella ribalta per assumere e consolidare negli anni una dimensione internazionale.
Il ritorno con Manildo
Né va dimenticato che quando Goldin, richiamato dall’allora sindaco Giovanni Manildo, riporta l’impressionismo a Treviso dopo 12 anni, siamo nel 2016, sarà il restaurato museo pubblico o di Santa Caterina a beneficarne, con l’intervento di riqualificazione portato a termine dopo un cantiere che pareva infinito e l’apporto della cordata di Goldin & sodali per portarlo a spazio espositivo internazionale con tutti gli standard richiesti. Non senza polemiche, con la nascita di un comitato spontaneo che si oppose alla scelta della location e a quella politica culturale. L’anno successivo sarebbe arrivata infine la mostra su Auguste Rodin, fuori dagli schemi, poi il cambio dell’amministrazione ed il ritorno della Lega.
Il terzo atto
Ora il terzo atto, tutto da scoprire, ad oltre un quarto di secolo dalla “prima” delle grandi mostre. Ma a tornare ancor più indietro negli anni, Goldin aveva debuttato ai Carraresi nel 1988, organizzando una mostra di opere di artisti trevigiani e veneti della collezione di Cassamarca.
Nello stesso anno aveva già assunto l’incarico a palazzo Sarcinelli, a Conegliano.
E risale addirittura al 1984, quando il giovane Marco era ancora studente universitario a Ca’ Foscari, l’esordio assoluto, ad Asolo, con una mostra di incisori trevigiani (Bianchi Barriviera, Barbisan, De Roberto, De Giorgis, David, Michielin, Martina Granzotto, Bonaldo) all’ex convento di San Pietro. —
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