Suicidio assistito, il testamento di Gloria: «La vita è bella solo se si è liberi: io lo sono stata fino all’ultimo»

L’artigiana veneta voleva andare in Svizzera, poi la lotta per poterlo fare a casa. Nel momento estremo, la mano del marito nella sua. Le disposizioni lasciate

Andrea Passerini
Gloria ha lasciato un proprio testamento spirituale prima del suicidio assistito
Gloria ha lasciato un proprio testamento spirituale prima del suicidio assistito

«La vita è bella, ma solo se siamo liberi. E io alla fine lo sono stata, fino alla fine. Grazie». Il testamento spirituale di Gloria – artigiana tappezziera, 78 anni, in pensione da quando aveva chiuso il suo negozio – dopo la sue tenace, strenua battaglia. Non è solo il ringraziamento all’associazione “Coscioni” che l’ha sostenuta e nel suicidio medicalmente assistito, senza precedenti in Veneto, e per altri aspetti nemmeno in Italia.

Ore 10,25, 23 luglio, a domicilio, diranno gli atti ufficiali. Alla presenza dell’anestesista Mario Riccio, già assistente di Welby e medico di fiducia di Federico, il primo in Italia a darsi la morte legalmente. Ma cosa volete siano questi particolari di fronte all’eternità in cui Gloria si è tuffata? Si muore in pochi secondi, con quel farmaco letale. Gloria non ha avuto esitazioni o tentennamenti: lo voleva. E l’altra mano era nelle mani del marito.

È un congedo che esprime il senso che Gloria ha dato alla sua lotta per potersi dare la morte cui tanto anelava per sottrarsi alle sofferenze indicibili, e sempre più lancinanti negli ultimi giorni, quando aveva dovuto rinunciare anche ai piccoli riti quotidiani. L’aggravarsi della malattia le aveva reso la voce flebile. Ma la sua voce interiore è stata sempre fortissima. Anche con le istituzioni. Voleva farla finita lei, non farsi prendere dalla Vecchia Signora. Voleva giocare d’anticipo, seguire una sua agenda di avvicinamento e di congedo da persone care e mondo. Già il 22 giugno aveva “gridato”: «Sto peggiorando, fate presto: il cancro avanza, ogni giorno sono più debole e con meno respiro, se ritardate ancora potrei perdere la possibilità di dire basta alla sofferenza, prima che la mia malattia mi porti in condizioni cui non voglio arrivare. Vi chiedo di fare presto».

E il 12 luglio era tornata a farsi sentire”, con un sos a Zaia ed Ulss 2: «Devo attendere nuove verifiche, ma vi prego fate presto, sto peggiorando, non posso più aspettare. Possiedo i requisiti per la morte assistita: son qui, vi aspetto. Il tempo non passa mai quando si attende, aspetto una telefonata, passo il tempo a guardare fuori dalla finestra se arriva il postino con una raccomandata....».

Né l’aveva minimamente spaventata sapere che sarebbe stata lei a doversi autosomministrare, lucidamente e consapevolmente, il farmaco letale, “grazie” al macchinario che le sarebbe stato fornito.

Da quando aveva presentato domanda, a novembre, sapeva di non farlo solo per lei, ma per tanti altri malati e per tutti noi cittadini. Lo diceva a chi gli stava intorno, al marito che l’ha sostenuta sempre. Fino all’ultimo al suo fianco (e quanto significato assume il “finché morte non vi separi” in un decesso quasi pianificato). E poi a parenti, amici, cui aveva parlato in tempo non sospetti anticipando il congedo programmato, ma ancora senza data da cerchiare.

E pensare che all’inizio avrebbe voluto farla finita in Svizzera, come gli altri transfrontalieri della morte. Lo aveva chiesto direttamente a Marco Cappato, contattando l’associazione Coscioni. Ma il leader dei diritti del fine vita l’aveva infine dissuasa, convincendola che avrebbe potuto farlo anche in Italia; anche nella sua abitazione; persino come e quando avesse voluto lei, utilizzando spazi giuridici e margini legali e medici concessi dalla sentenza del 2019 della Corte Costituzionale.

E Gloria aveva accettato la sfida, in linea con il suo carattere. Ha così contattato l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell'associazione “Coscioni”, che l’ha seguita con il team legale dell’associazione: Angelo Calandrini, Francesca Re, Rocco Berardo e Alessia Cicatelli.

Quindi ha informato il consorte, che ha subito assecondato i desideri della moglie e anzi si è votato interamente alla nuova causa della coppia; ha informato i parenti e gli amici più cari. E nel frattempo, ha pensato anche a cosa lasciare, a tutti i suoi cari. Ha allertato le onoranze funebri di un paese vicino, dando precise disposizioni. Ha voluto difendere la privacy sua e dei familiari, blindando il suo cosmo. «Pregheremo per lei», dice il parroco. In paese, anche un muro garbato di discrezione ha protetto Gloria.

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