«La patologia si poteva svelare»: ecco perché si riaprono le indagini sulla morte di Pinarello

Dopo 13 anni, chiesta una nuova consulenza medico-legale per l’imprenditore della famiglia trevigiana delle bici. L’avvocata Gracis: «Perché certi esami non sono stati fatti?»
Mattia Toffoletto
Andrea Pinarello è morto per un problema al cuore nel 2011
Andrea Pinarello è morto per un problema al cuore nel 2011

«Poteva essere salvato o è stata una fatalità? Se dopo l’ablazione fosse stato sottoposto a tutti gli esami obbligatori per l’idoneità agonistica, la cardiomiopatia aritmogena emersa dall’autopsia sarebbe stata individuata? È diritto sacrosanto dei familiari avere una risposta: finora giustizia non è stata fatta».

L’avvocata Alessandra Gracis commenta così la decisione della Corte d’Appello di Venezia di disporre una nuova consulenza medico-legale sulla morte di Andrea Pinarello – terzogenito di Giovanni, maglia nera del Giro d’Italia 1951 e fondatore dell’omonima azienda – avvenuta per un problema al cuore a soli 39 anni nell’agosto 2011 a Staranzano (Gorizia), al termine della prima tappa del Giro del Friuli per cicloamatori partita da Tavagnacco.

La consulenza s’inserisce nella causa civile portata avanti dalla moglie Gloria Piovesan e dai tre figli contro due medici dello sport e la struttura privata trevigiana che rilasciarono l’idoneità agonistica all’imprenditore-ciclista nell’aprile 2011, un mese dopo l’intervento di ablazione.

Il tribunale di Treviso aveva respinto la domanda di risarcimento danni nell’aprile 2023 (i congiunti di Andrea condannati alle spese processuali), così i familiari, assistiti dal legale Gracis, hanno impugnato e si sono rivolti alla Corte d’Appello: la nuova consulenza medico-legale rappresenta di fatto la riapertura, dopo oltre 13 anni, di un caso che scosse Treviso e il mondo del ciclismo.

La quarta sezione civile della Corte d’Appello (presidente Marco Campagnolo) ha deciso di incaricare il medico legale milanese Franco Marozzi e un cardiologo per fare luce sulla vicenda, fissando per il prossimo 31 marzo il termine per il deposito della relazione. E fa impressione la coincidenza temporale: la decisione della Corte è arrivata negli stessi giorni in cui al centro delle cronache c’è la vicenda di Edoardo Bove, il centrocampista della Fiorentina colpito da aritmia durante la partita di Serie A giocata dai viola domenica scorsa contro l’Inter.

«Ho preso in mano il caso, con impegno e convinzione, dall’impugnazione in Corte d’Appello. Perché degli esami obbligatori non sono stati fatti? », incalza l’avvocata Gracis. Secondo il legale, dopo l’ablazione cui Andrea Pinarello era stato sottoposto in un ospedale milanese a seguito di alcune aritmie e di una diagnosi di possibile cardiomiopatia aritmogena, «il medico dello sport, nel concedere l’idoneità, aveva ritenuto non necessari due esami obbligatori secondo le linee guida dell’epoca: Holter, ecocardiografia. Non li avevano fatti perché ritenuti superflui dopo l’operazione milanese. Si sono fidati, ma alcuni mesi dopo Pinarello è morto».

La vicenda penale è stata archiviata da anni, ma i familiari hanno voluto intentare una causa civile con richiesta danni. Dall’autopsia emerse una cicatrice sul ventricolo sinistro, segno della cardiomiopatia aritmogena che ha determinato la morte del manager. «Se avessero fatto tutti gli esami, al momento del rilascio dell’idoneità, sarebbe potuto emergere il problema oppure no? », si chiede l’avvocata.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso