Insulti social all’arbitra, 10 giornate di stop al baby calciatore

Quindicenne del Vazzola scrive messaggi sessisti sul profilo Instagram della direttrice di gioco: stangato dal giudice sportivo. Le scuse della società: «Ci dissociamo»
A.z.
Una donna arbitro insieme ad una guardalinee
Una donna arbitro insieme ad una guardalinee

Alcuni insulti sessisti a un arbitro donna, scritti sul social network Instagram, sono costati 10 gare di squalifica a un giocatore della formazione Under 15 regionali del comune trevigiano di Vazzola.

L’episodio si è verificato dopo la partita che i gialloverdi del Vazzola hanno disputato il 28 aprile scorso sul campo dell’Union QdP, nel girone D di campionato, terminata con il risultato di 3-3.

Nel suo referto post partita il direttore di gara, Giorgia Visentin della sezione di Treviso, ha riferito di aver ricevuto sul suo profilo Instagram personale, dopo la fine della partita, dei messaggi di contenuto discriminatorio di genere: insulti verso la donna. A quel punto è riuscita a rintracciare il profilo di provenienza, appartenente con evidenza al medesimo giocatore del Vazzola, riconosciuto anche dalla foto sul profilo. E dunque il direttore di gara ha ritenuto importante riferire questo grave comportamento di un giovane calciatore.

La giustizia sportiva, articolo 28, affronta proprio questo tema: «Costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori». E la punizione prevista per questo tipo di violazione è di dieci giornate.

Il giudice sportivo regionale ha quindi deciso di comminare al giovane giocatore trevigiano appunto dieci giornate di stop, la stessa sanzione che scatta in automatico anche nei casi più diffusi di espressioni di discriminazione razziale.

«La società si dissocia dal comportamento tenuto dal proprio tesserato, il ragazzo classe 2010 è stato sospeso dall’attività», ha dichiarato il presidente del Vazzola, Roberto Castagner, dopo aver letto la delibera del giudice sportivo. «Ci scusiamo con il direttore di gara, anche se la società non ha colpe. Auguro alla giovane arbitro tutto il bene possibile, se vorrà passare a Vazzola le regaleremo volentieri un mazzo di fiori».

In Veneto non è la prima volta che un tesserato viene squalificato a causa di alcuni messaggi discriminatori pubblicati sui social network, a conferma dell’importanza di dosare bene le parole anche in internet.

Ma il fenomeno degli insulti via social sta purtroppo crescendo in tutta Italia e spesso riguarda proprio i giovani calciatori che sui social passano molto tempo. E questa pessima abitudine all’insulto alle donne arbitro, in campo o dalle tribune o con i social, come se alle donne non fosse riconosciuta la capacità di arbitrare, non appartiene solo al mondo del calcio.

Lo scorso novembre a Padova, un cinquantenne, padre di un giocatore di basket, è stato identificato dalla polizia dopo aver urlato a un arbitro donna «devi fare la stessa fine di quella di Vigonovo», con riferimento al femminicidio di Giulia Cecchettin. E questo insulto è stato rivolto una ragazza 17enne. 

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