Duplice omicidio di Paese, confermato in Appello l’ergastolo a Miglioranza
Era accusato di aver dato fuoco alla sua casa di Castagnole, nel giugno 2020, dove morirono la moglie Franca Fava e l’amica Fiorella Sandre
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I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Venezia hanno confermato l’ergastolo a Sergio Miglioranza, l’anziano di 73 anni accusato di un duplice omicidio perché, nella notte del 10 giugno 2020, in piena emergenza pandemia, avrebbe appiccato il fuoco attorno alla sua villa sulla Feltrina a Castagnole di Paese, uccidendo la moglie Franca Fava, 68 anni, e l’amica Fiorella Sandre, 74 anni. Il movente? Poter poi riscuotere da Vittoria Assicurazioni la polizza da 280mila euro per incendio. Un elemento contestato dalla difesa, in quando la polizza non sarebbe stata riscattabile in ogni caso dall’anziano.
La sentenza, che conferma la decisione della Corte d’Assise di Treviso del 4 giugno dell’anno scorso, è stata emessa dai giudici veneziani, dopo alcune ore di camera di consiglio.
Un processo combattuto anche in Corte d’Assise d’Appello e iniziato a gennaio scorso, prima dell’inizio della discussione in aula, quando lo stesso procuratore generale di Venezia, assieme ai legali di Miglioranza, gli avvocati Fabio Crea e Rossella Martin, fece un sopralluogo nella villetta di Castagnole, teatro della tragedia, per rendersi conto dello stato dei luoghi e della probabile dinamica degli eventi.
La procura di Treviso ha sempre indicato in Miglioranza l’unico vero responsabile della tragedia. Non solo per il movente della polizza assicurativa. Agli atti c’erano alcune intercettazioni di un amico di Miglioranza, in cui l’uomo parlava della volontà di Miglioranza di sbarazzarsi della moglie e dell’amica. Altra carta in mano all’accusa il fatto che Miglioranza fosse all’esterno dell’abitazione, e la porta attraverso cui le vittime avrebbero potuto salvarsi era stata sbarrata da mobili dall’esterno.
Sul fatto che il rogo di Castagnole fosse doloso non ci sono mai stati dubbi. Fin da subito, la notte della tragedia, i vigili del fuoco avevano notato la violenza e la rapidità con cui s’erano sviluppate le fiamme. In appena otto minuti la furia devastante delle fiamme avvolse la casa, raggiungendo un’altezza di 20 metri, per poi affievolire rapidamente la propria potenza. Per questo i vigili del fuoco avevano subito intuito la massiccia presenza sul luogo del rogo di sostanze acceleranti, probabilmente benzina, che nulla avevano a che fare con i quintali di materiale ferroso e attrezzi vari che Miglioranza aveva accumulato nel corso degli anni e accatastato attorno alla propria casa. I pompieri avevano definito l’incendio di quella notte alquanto anomalo: «In tanti anni di esperienza», aveva raccontato un pompiere in aula, «non ho mai visto un incendio del genere con fiamme alte e violente. La temperatura era altissima tanto che era difficile avvicinarsi alla casa. Sotto una finestra notammo due bombole da cui fuoriusciva del gas che alimentava l’incendio. La situazione era anomala c’erano continue esplosioni, sibili e scoppi in più punti. Era chiaro che ad alimentare il fuoco c’era dell’accelerante».
Secondo la difesa, invece, sarebbe stato impossibile, per Miglioranza, dare fuoco a più di dieci inneschi senza essere minimamente coinvolto nel rogo. Un uomo anziano, quindi poco agile, non avrebbe mai potuto fare tutto da solo senza rimanere ustionato. La porta sul retro non era stata sbarrata dall’anziano per intrappolare le due donne ma chi intervenne per spegnere l’incendio perché ammassò lì la ferraglia. Infine mancherebbero i moventi: Miglioranza non contava sul premio dell’assicurazione ed, infine, essendo affetto da un disturbo dell’accumulo non avrebbe mai dato fuoco alle sue cose.
Ora tra l’ergastolo e Sergio Miglioranza, c’è soltanto l’ultimo grado di giudizio in Cassazione.
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