L’astrofisico Benvenuti avvisa Elon Musk: «Troppi satelliti disturbano le ricerche»
Conegliano. Il professore, membro di un comitato permanente Onu, ha ottenuto che gli oggetti spaziali di SpaceX diventassero meno riflettenti. «C’è anche il problema delle scorie, perché questi veicoli poi si autodistruggono»

Lo spazio è troppo “intasato”, ospita troppi satelliti, a partire da quelli di Elon Musk, che disturbano gli studi astronomici e creano dei residui sull’atmosfera. Bisogna studiare gli effetti a lungo termine di questo nuovo fenomeno artificiale, per evitare che si possa verificare quello che è accaduto con la plastica che inquina gli Oceani. A lanciare il grido d’allarme è il professor Piero Benvenuti, astronomono e astrofisico, profondo conoscitore di stelle, pianeti, galassie e corpi celesti, professore emerito dell’Università di Padova, già responsabile scientifico, per l'Agenzia Spaziale Europea, del satellite astronomico IUE e del Telescopio Spaziale Hubble, autore di oltre 150 articoli scientifici e di numerosi scritti divulgativi. Il coneglianese oggi è direttore del Centro per la protezione del cielo dell’Unione Astronomica Internazionale (che raccoglie oltre 14.000 astronomi professionisti da 85 Paesi), che ha una sua rappresentanza all’interno dell’Onu.
Quando vi siete accorti che questo sovraffollamento di satelliti nello spazio stava diventando eccessivo?
«Il problema nasce 5 anni fa, quando ci sono state le prime notizie del lancio dei satelliti di SpaceX di Musk che promettono di offrire connessione internet dallo spazio, che ha l’enorme vantaggio di essere disponibile in qualsiasi luogo della terra, anche in luoghi remoti dove le connessioni terrestri non ci sono o sono non funzionanti per una calamità, per esempio. Attualmente ne ha lanciati circa 8.000 ma a regime si parla di 40.000. Ha la possibilità di fare un lancio al mese di un razzo che contiene 60 satelliti. Di fatto si sta incrementando in maniera eccezionale la presenza di questi satelliti in orbita bassa (tra i 350 e i 1200 km di altezza)».
Cosa comporta tutta questa presenza di satelliti nel cielo?
«Queste costellazioni di satelliti creano interferenze, creano problemi nel nostro lavoro di studio del cielo. Sono oggetti illuminati dal sole per buona parte della notte, visibili quasi tutti a occhio nudo e altri attraverso i telescopi. Se ne contano 10.000 in totale, non solo quelli di Musk, e quando studiamo e fotografiamo con gli strumenti si vede un cielo tutto “strisciato”, con delle scie luminose. Inoltre i satelliti emanano microonde e disturbano anche le osservazioni radio, visto che il segnale diretto verso la terra è molto forte, mentre il segnale che arriva dal cosmo è debole».
La situazione potrebbe peggiorare?
«Il rischio c’è, sul tavolo dell’ITU, l’International Telecommunication Union, che regolamenta le radiofrequenze sulla Terra e in orbita, ci sono due milioni di richieste di satelliti. una corsa alle costellazioni. Nessuno crede che arriveremo a queste cifre, ma per il 2030 potrebbero esserci in orbita 500.000 satelliti».
Come Unione Astronomica Internazionale, come vi state muovendo?
«Noi ci rendiamo conto dei vantaggi per la società di questi satelliti, non vogliamo ostacolare lo sviluppo, ma trovare un compromesso. Per questo ci stiamo muovendo su due fronti, uno diplomatico e uno operativo».
Come funziona a livello di discussione diplomatica?
«Abbiamo un osservatorio permanente per l’uso pacifico dello spazio presente all’interno di un comitato dell’Onu, dove siedono 104 delegazioni di Paesi e appunto un certo numero di osservatori. Qui si discute delle regole da rispettare per regolamentare proprio le costellazioni sullo spazio. E se noi osservatori non abbiamo peso politico, lo hanno le nazioni ed alcune di queste sono preoccupate. In particolare quelle che ospitano gli osservatori più grandi, come il Cile che, nelle Ande, ospita i telescopi più grandi e la Spagna, dove, nell’isola La Palma, è posizionato anche il telescopio italiano Galileo. Siamo così riusciti a far inserire un punto di discussione nell’agenda di questo comitato specifico sulla protezione dello spazio, con l’obiettivo di arrivare all’Onu».
Se questa strada ha i tempi lunghi della diplomazia, quali sono gli aspetti operativi ai quali state lavorando?
«Discutiamo direttamente con le compagnie satellitari, per sviluppare, insieme ai privati, strategie di “contenimento”, di riduzione dell’interferenza creata da questi satelliti».
E tra i vostri interlocutori, c’è dunque anche SpaceX con la costellazione Starlink di Elon Musk...
«Devo dire che la società di Musk si è dimostrata molto collaborativa. Abbiamo avanzato una richiesta per modificare i materiali di costruzione dei satelliti per renderli meno riflettenti. Hanno fatto uno studio sui materiali che “deviano” la luce e sono riusciti in effetti a diminuire la luminosità».
Voi siete preoccupati per la crescente presenza di satelliti privati nello spazio, anche per quanto le scorie...
«Una delle possibili conseguenze negative, ancora pochissimo esplorata, riguarda quello che accade ai satelliti. Ad un certo punto, iniziano a “cadere” e si autodistruggono. Tutto il materiale rimante in alta atmosfera e i vari materiali di costruzione, come l’alluminio, per esempio, diventano atomi e molecole. Stiamo modificando l’alta atmosfera con un composizione chimica le cui conseguenze a lungo termine non sono note. Il problema è che se per caso ci accorgessimo che c’è un problema, potrebbe essere tardi, come è accaduto con l’inquinamento degli oceani causato dalla plastica». —
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso