Angela Bonato, la salvatrice dei campi contro il cambiamento climatico
La biotecnologa trevigiana di 33 anni ha creato una start-up per combattere la siccità: «Le spugne superassorbenti consentono di risparmiare acqua e riutilizzarla»
Campi che spariscono e coltivazioni rovinate dal cambiamento climatico. Negli ultimi anni la siccità, prima, e le grandi piogge, poi, hanno inficiato il lavoro annuale di tanti agricoltori della Marca, tanto che anche i consorzi più blasonati, da quello del Prosecco passando per il radicchio e dell’asparago, stanno studiando soluzioni sistemiche in mio da controllare gli effetti degli eventi climatici nefasti.
Angela Bonato ha 33 anni ed è una biotecnologa trevigiana. Una volta laureatasi a Padova, ha lasciato la Marca per approfondire le sue competenze e dopo aver lavorato come ricercatrice a Dresda, Manchester e Zurigo, ha scelto di tornare in Italia e aprire, insieme a due soci, la start up innovativa “Beadroots” per far scongiurare gli effetti della siccità nei campi: «Mi sembrava utile portare quello che di buono ho visto in giro per il mondo».
Angela da dove nasce l’idea di Beadroots?
«L’idea nasce mentre stavo facendo il dottorato a Zurigo e come ingegnere tissutale lavoravo con dei polimeri naturali superassorbenti, chiamati idrogel, per rifare cartilagine e muscoli. Mi sono chiesta dove si poteva applicare questa tecnologia per produrre soluzioni tangibili e poco costose».
E ha pensato all’agricoltura?
«Ho sempre avuto a cuore il tema dell’ambiente. Mi sono occupata di inquinamento e poi nel 2022 sono tornata in Italia, era l’anno della grande siccità e parlando con dei contadini è emerso come il fattore climatico, avesse rovinato l’intera annata. Ho chiesto come potevo mettermi a disposizione e loro mi hanno risposto: “fa’ qualsiasi cosa l’importante è che trovi una soluzione”: chiedevano una risposta per contrastare i fenomeni atmosferici».
E così è stato…
«Ho pensato ad un progetto non invasivo che mettesse a frutto tutta la mia esperienza ed è nato Beadroots».
In cosa consiste?
«Si tratta di una soluzione di ritenzione idrica che utilizza polimeri naturali superassorbenti e che contribuisce alla sopravvivenza delle coltivazioni, ad aumentare la resa e a migliorare la qualità del raccolto».
Nello specifico?
«In agricoltura circa il 90% dell’acqua usata non viene utilizzata dalle piante, si perde in evaporazione e va nelle falde. Beadroots hanno la forma di una biglia. È come una spugna molecolare, che solitamente si usa per far crescere batteri, ma in questo caso la sua funzione è di trattenere l’acqua e rilasciarla pian piano in modo che il terreno non vada mai in sofferenza».
Di cosa sono fatte queste biglie?
«È un materiale sostenibile e naturale derivato da alghe già utilizzate in agricoltura, delle bioalghe, che si degradano e mentre lo fanno rilasciano sostanze nutritive e quindi oltre ad avere il terreno bagnato alla fine si ha anche più raccolto».
Come si applica?
«Al momento della semina, si trapiantano queste sfere insieme alle piante e sin da subito cominciano a trattenere acqua in maniera ionica».
Che risultati porta agli agricoltori?
«Secondo i nostri studi il risultato produttivo di Beadroots fa aumentare il profitto per ettaro almeno 2,5 volte tanto, facendo aumentare il ritorno dell’investimento dell’agricoltore fino a 8 volte».
Si può applicare ovunque?
«Sì è applicabile in tutte le colture. Abbiamo esperienza nell’orticolo e nei seminativi e cereali, abbiamo provato anche sulle viticolture con ottimi risultati ma stiamo lavorando per capire come mettere sotto terra le sfere».
Angela, lei ha girato l’Europa. Come mai ha scelto di tornare in Italia, una controtendenza rispetto ad altri ricercatori?
«Innanzitutto devo dire che l’Italia è il posto migliore dove stare, qui si vive meglio rispetto a qualsiasi altro posto. Non volevo continuare a lavorare in ambito accademico o farmaceutico. E poi l’idea di portare in Italia quello che abbiamo visto all’estero mi sembrava una cosa utile. Come se fosse un obbligo morale».
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