Morta a Belgrado la nipote di Tito, coraggiosa attivista per i diritti umani
Si è spenta all’età di settant’anni. Affermata cardiologa, intellettuale e attivista, era la figlia del primogenito del Maresciallo

È morta a Belgrado all’età di 70 anni Svetlana Broz, affermata cardiologa, intellettuale e attivista per i diritti umani e la convivenza pacifica, oltre che nipote di Josip Broz Tito. Era la figlia del primogenito del Maresciallo. Ne ha dato notizia l’agenzia stampa serba Fonet. Durante la guerra in Jugoslavia, si era coraggiosamente impegnata per portare soccorso alle vittime del conflitto, raccogliendo anche testimonianze su episodi di aiuto e cooperazione tra etnie divise dai nuovi steccati eretti dopo il collasso della Federazione.
Broz era stata la fondatrice e direttrice del braccio sarajevese dell'organizzazione non governativa Gariwo, tra le prime a battersi per il concetto di “coraggio civico” attraverso conferenze pubbliche, formazione nelle scuole, attività editoriali. Dopo l'assassinio di Dusko Kondor, professore, attivista per i diritti umani e membro di Gariwo, Broz aveva anche istituito il “Premio Kondor”, dedicato al tema del coraggio civile. Broz e i suoi più stretti collaboratori, nel corso degli anni, avevano ricevuto numerose minacce di morte per la loro battaglia contro l'odio etnico e a favore del dialogo, ricorda il sito ufficiale Gariwo.
In un commento per questo giornale, Broz aveva duramente criticato la decisione della municipalità di Novo Sarajevo di non dedicare, nel 2017, il locale palazzetto dello sport a Goran Cengic, nato nel 1946 in una famiglia mista, morto ammazzato il 14 giugno 1992, da eroe civile, per aver tentato di difendere un vicino bosgnacco che i serbo-bosniaci volevano rapire. Sia Cengic sia Husnija Cerimagic, il vicino, furono eliminati. Chi governa in Bosnia, serbi, croati o musulmani che siano, si «rifiuta di onorare persone che hanno sacrificato la loro vita oltre le barriere interetniche o religiose», perché «sfruttano lo sporco gioco del nazionalismo», aveva stigmatizzato ai tempi parlando a Il Piccolo. Dopo qualche anno, tuttavia, da parte delle istituzioni locali ci fu una marcia indietro, con il palazzetto che oggi porta il nome di Cengic. Forse anche grazie alle critiche e all’esempio di personalità come Broz.
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