Grandi mostre, Marco Goldin torna a Treviso
Il 26 febbraio sarà annunciata una mostra che si aprirà a fine anno a Santa Caterina. Una lunga storia di amore, successi, contrasti. Ora la pace, nel nome della pittura
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Marco Goldin torna nella sua Treviso. A fine 2025, con la sua Linea d’Ombra organizzerà una mostra evento a Santa Caterina, che coprirà anche la prima parte del 2026.
Impressionismo, il filone a lui caro e già esplorato sin dal suo esordio nelle grandi mostre, nel 1998? In parte, sembrerebbe, ma non solo. Tutto verrà svelato mercoledì 26 febbraio alle 11.30, in una presentazione al teatro comunale Del Monaco di Treviso aperta alla cittadinanza, con il presidente della Regione Luca Zaia e il sindaco di Treviso Mario Conte, con il dono ai presenti di un volume che anticiperà i temi dell’esposizione.
Quello che alcune pagine pubblicitarie degli ultimi giorni, volutamente misteriose, fanno capire è che ci dovrebbero essere grandi nomi del movimento di fine ’800 (Gauguin, Degas, Monet con le sue impareggiabili ninfee). Ma il tema della mostra sarebbe ben più ampio e si allargherà anche al ’900 con riferimenti cardine del secolo scorso. Come peraltro piace a Goldin, che ha sempre amato percorrere personalissimi sentieri trasversali a movimenti, paesi, paesaggi, culture, con continui richiami ed evocazioni tra le tele, i colori e l’anima dei capolavori.
Negli ultimi anni l’attività di Goldin si era incentrata a Est, sul confine italo sloveno di Gorizia, con il progetto ispirato dalle poesie di Ungaretti, in attesa della grande mostra sui confini a Villa Manin di Passariano, anche questa nell’autunno inverno 2025-26.
Alla sua città mancava da quasi un decennio: da quando nel 2016 aveva celebrato i 20 anni della sua Linea D’Ombra con le storie dell’impressionismo, sempre a Santa Caterina (con un suo contributo dono alla città per adeguare il complesso museale trevigiano a contenitore di grandi eventi e ai parametri di massima sicurezza richiesti dai capolavori itineranti), con 340 mila biglietti staccati, bissata poi nel 2018 dall’inedita e coraggiosa mostra su Rodin, uscendo dal mainstream della pittura più nota, che vide comunque 70 mila visitatori in 4 mesi.
Sarebbe poi dovuto tornare, Goldin, per una nuova mostra evento, finanziata da banca Intesa e con gli auspici del presidente della Regione, Luca Zaia: ma la prima amministrazione Mario Conte, con l’assessora alla cultura Lavinia Colonna Preti, decise per l’esposizione della nature morte dal museo di Vienna, partner la Civita Tre Venezie, e per altre iniziative come le mostra in 3D alla Camera di commercio.
Una scelta che creò non poche polemiche, sia negli ambienti politici che in quelli culturali. E poi fu la pandemia. Nella storia non solo artistica, ma soprattutto socioeconomica della città resta invece la prima volta di Goldin, l’esordio del 1998 con la prima mostra del grande ciclo quinquennale degli Impressionisti, realizzato con il sostegno finanziario e logistico di Fondazione Cassamarca e del suo presidente- patron Dino de Poli.
Un investimento ingente, per un progetto culturale senza precedenti per il capoluogo della Marca, che da un giorno all’altro, o quasi, poteva sfidare le capitali e li polo artistici internazionali, fino allo straordinario record di 604 mila visitatori per il Van Gogh 2003/2004) e indotti annui di decine e decine milioni sulla città e sul territorio, fino al picco dei 50 “vangoghiani”.
Oggi, dopo la pandemia e gli aumenti dei costi legati a conflitti internazionali ed alle ripercussioni sulle materie prima, quella stagione e quei boom sono irripetibili. E basti dire che a Milano l’esposizione omaggio a Munch, riferimento stagionale, ha sfondato quota 250 mila visitatori.
Ma c’è da scommettere che Goldin, per il suo ritorno in patria – da figliol prodigo, pardon, da goldin boy – vorrà certamente porsi obiettivi importanti e di rilievo, pure in questa nuova congiuntura cui metterà il suo know how, esploso a Treviso (e quante città hanno emulato quel modello, in tutta Italia ed in Europa) e poi affinato nelle sue esperienze in Italia e all’estero. Tanto da essere studiato nei cinque continenti nel settore museale e della promozione artistica e culturale.
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