Villa Contarini Nenzi la resa: «Chiudiamo»
CASIER
Dopo Ca’ del Galletto a Treviso, il Covid fa chiudere un altro famoso hotel. Villa Contarini Nenzi non riaprirà più, e i suoi 18 dipendenti, terminato il periodo di cassa integrazione, si troveranno senza lavoro. L’hotel quattro stelle, a cavallo tra Casier e Preganziol, dotato di sale convegni, centro wellness, sale per matrimoni, in pochi mesi ha visto, come altri alberghi, azzerare gli incassi.
Sui conti della struttura pesa il grande restauro ultimato nel 2010 - non ancora ammortizzato - e senza ingressi, con le sale convegni paralizzate, la situazione è diventata insostenibile. «In queste condizioni non ce la facciamo, la struttura ha costi che di certo non si possono sostenere facendo funzionare le sale convegni al 30% e senza turismo estero. Il governo non ha dato una mano alla nostra categoria», è lo sfogo di Paolo Granzotto, titolare e general manager di Villa Contarini Nenzi da vent’anni. L’aveva comprata all’asta dall’Usl, immaginando per questa dimora del ’700 un futuro nel turismo di lusso. Un piano che ha funzionato - magari reggendosi su un equilibrio sottile - fino a prima del Covid. La villa è una dimora del diciottesimo secolo in località Le Grazie, che al passaggio di mano necessitava di grandi interventi di restauro.
«Alcuni spazi li abbiamo quasi rifatti. Se di una stalla fai un ristorante, non ci si può limitare a dire che l’abbiamo restaurata», dice con orgoglio misto a rimpianto Granzotto. Villa Contarini ha tre asset principali: il centro convegni, con quattro sale di cui la più grande da 140 posti a sedere, i matrimoni e il turismo di lusso. «Oggi le sale convegni le potrei fare funzionare al 30% della capienza, e di certo non le posso far pagare come prima. La stagione dei matrimoni è andata completamente. Quanto ai turisti arabi abituali non li vedremo per un bel po’, gli americani non possono venire, gli australiani nemmeno», continua Granzotto, che a 83 anni ha deciso di non insistere per il rilancio della struttura. «Vendere o cedere la gestione? Nessuno si farebbe mai avanti in questo momento. Troppe incertezze, come un’ipotetica seconda ondata del virus».
Poche speranze dunque per i 18 dipendenti dell’hotel, che terminata la cassa integrazione, e scaduta la moratoria sui licenziamenti, perderanno il posto di lavoro. L’asse del Terraglio, che pure storicamente è il più ricco in quanto a presenze turistiche grazie all’allineamento con Venezia, sta soffrendo in modo particolare: il “Bolognese” ha chiuso il ristorante (l’albergo invece riaprirà), l’hotel “Meridiana” non ha ancora riaperto le stanze e lavora solo con l’american bar e la ristorazione. Nel capoluogo invece Ca’ del Galletto, a Santa Bona, ha annunciato la chiusura. Ma nel settore sono in molti a sostenere che, con il numero attuale di turisti, sono solo i primi casi di una serie che si teme lunga.
Bisognerà attendere settembre quando la cassa integrazione sarà agli sgoccioli, e chi ha tenuto duro nella speranza di una ripresa completa del turismo dovrà prendere una decisione: stringere ancora i denti o chiudere nel cassetto il campanello della reception. —
Federico cipolla
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