Varisco, la dinastia trevigiana del vetro in tre generazioni di artisti

La bottega di via Nervesa è un piccolo scrigno delle meraviglie fuori dal tempo: si lavora ancora tutto a mano. Marco, nipote dell’omonimo fondatore: «Il nostro non è un lavoro, è una tradizione che si tramanda. Uso il tornio di mio nonno»

Fabio Poloni
Marco Varisco
Marco Varisco

TREVISO. La possiamo definire “impresa”? Partiamo dal fargli questa domanda che è anche una nota di metodo, incontrando Marco Varisco, perché quando metti piede nel suo laboratorio di via Nervesa, a Treviso, capisci subito che sei entrato in qualcosa di speciale, diverso.

Ci sono le vite e le storie di tre generazioni di maestri incisori del vetro, non solo le opere. Una fucina di vera arte artigiana, nata nel 1930 e migrata da Murano (e dove, sennò) a Treviso.

I diplomi ingialliti appesi alle pareti non si contano, le foto con i “vip” e gli sportivi che hanno ricevuto le opere d’arte firmate dai Varisco neppure. Ma partiamo dal presente.

Marco Varisco, l'artista trevigiano del vetro, ci mostra le sue opere

L’EXTRALUSSO

«Questo è il pezzo di un tavolo in vetro lungo otto metri, lo inciderò tutto a mano – ci mostra il progetto Marco Varisco – me lo ha commissionato un sultano, ma non posso dire di più fino alla consegna».

Pesare l’arte con le categorie del tempo suonerà brutto, ma glielo chiediamo lo stesso: quanto tempo ci vuole? Marco fa uno sbuffo travestito da sorriso, o viceversa: «Sono a circa un terzo del lavoro e ci sto dietro da due mesi. Parlo solo della realizzazione, perché per l’approvazione del disegno ci sono voluto altri quattro, cinque mesi».

Marco Varisco nel suo laboratorio
Marco Varisco nel suo laboratorio

È una serie di motivi grafici quasi a fiore «che verranno lavorati in modo da produrre poi alla fine un effetto specchio sul tavolo». Prodotti di eccellenza assoluta.

«Questi ultimi due anni non sono stati semplici per i prodotti diciamo più tradizionali, come bicchieri e vasi incisi ma l’extralusso non si ferma mai, anzi. Per il tavolo, per esempio, si sono rivolti a me perché con il disegno di tipo industriale non si riesce a fare il lavoro che faccio io».

E come arriva il sultano a comprare qui? «Soprattutto con il passaparola degli architetti che ci conoscono e sanno come lavoriamo. Stark, nel caso del tavolo. E ora vogliono anche cento piatti di cristallo con inciso su ciascuno uno dei cento nomi di Allah. È un mondo incredibile: difficile entrarci, ma quando ci riesci ti si aprono porte impensabili».

Marco Varisco, terza generazione della "dynasty" trevigiana del vetro, ci apre le porte del suo laboratorio e ci mostra le sue opere e i suoi strumenti di lavoro

LA  FAMIGLIA

Nonno Marco – perché qui si tramandano l’arte e pure i nomi – seduto al tornio in bottega prese in braccio il nipotino quando sapeva ancora a stento scrivere.

«“Vien qua, picìn”, mi diceva – racconta Marco Varisco – e mi insegnava a usare il tornio. Utilizzo ancora quello, lo stesso di mio nonno e mio padre Italo. C’è artigianalità già nello strumento, nelle mole particolari, nell’ottone».

Tre generazioni, tre epoche. Recuperando l’antica tradizione dei maestri vetrai, Marco (nonno) per primo sperimenta negli anni Trenta la tecnica dell’incisione che poi tramanda al figlio Italo. Maestro vetraio, si trasferisce in seguito da Murano a Treviso nel 1952.

Il nonno Marco Varisco e il padre Italo
Il nonno Marco Varisco e il padre Italo

«Il nostro non è lavoro, è tradizione: non si impara, si tramanda», dice oggi Marco. Si impara però a sperimentare, osare, tentare strade nuove. «Da piccolo una volta ho trovato un Perseo di vetro che mio padre stava lavorando. Sono subentrato io senza dirglielo, gli ho fatto delle ali d’aquila e anche qualche sconceria – sorride Marco al ricordo – Ma non si è arrabbiato, mi lasciava fare. A nove anni un cliente mi ha visto al lavoro su un’anatra, gli è piaciuta e l’ha comprata: ho firmato il mio primo vero lavoro».

A 13 anni si è fatto da solo le incisioni sulle bomboniere per la cresima. Poi ha studiato disegno. Niente di digitale, qui dentro? «Niente: tutto a mano. E con una tecnica particolare, perché è come se un pittore dipingesse tenendo fermo il pennello, che per me è la punta del tornio, e facendo ruotare la tela, cioè l’oggetto in vetro».

Le sue opere sono in uno showroom interno e online: c’è chi le vede e le compra così, o chi commissiona qualcosa specifico. «Persino il ritratto del proprio cane su un vaso».

Non tutto è in vendita: i cimeli del nonno, o quelli su cui hanno lavorato assieme le tre generazioni, non hanno prezzo. «Il vetro lo compro a Murano o a Firenze, scelgo io le colorazioni in base a ciò che ho in mente per i miei lavori».

IL FUTURO

La dynasty Varisco è nei musei più prestigiosi, in Vaticano, nelle collezioni private di personaggi dello sport, spettacolo, cultura, dei grandi della Terra da Bill Clinton ai re di Spagna. Altre opere sono al Victoria Albert Museum di Londra e al Guggenheim di New York.

La passione di Marco per il suo lavoro si misura anche da come si muove qui dentro, dai suoi sorrisi. Unico velo, passeggero come un’ombra sul vetro, quando ammette: «Ci penso ogni giorno, a cosa succederà a questo posto. Io non ho figli. Chissà se mi avrebbero seguito in questo lavoro».

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