Uccise il padre a Vittorio Veneto, assolto per infermità mentale

Riccardo De Felice dovrà rimanere in libertà vigilata per 10 anni presso una comunità dove sarà curato: l’omicidio nell’autunno del 2022

Marco Filippi
Riccardo De Felice al momento dell'arresto
Riccardo De Felice al momento dell'arresto

Riccardo De Felice, il giovane che nella notte del 16 novembre del 2022 uccise il padre Francesco, è stato assolto perché “non imputabile al momento del fatto”. La sentenza è stata letta stamattina, venerdì 31 gennaio, dal giudice Umberto Donà, presidente della Corte d’Assise del tribunale di Treviso. De Felice, 27 anni,  dovrà rimanere per 10 anni in libertà vigilata  presso una comunità di cura psichiatrica. Al momento della sentenza erano presenti anche la mamma dell’imputato e gli operatori della comunità di cura di Ronco all’Adige, in provincia di Verona.

Soddisfatti i legali di De Felice, Alessandra D’Aversa e Giovanni Maccarrone: “In questi 10 anni – spiegano .- ci saranno i controlli periodici del tribunale del Riesame. Stiamo parlando della guarigione di una persona che non potrà mai esserci, ma ci potrà essere una compensazione della sua problematica patologica”.

Assolto per l'omicidio del padre, parlano i difensori

La notte in cui ammazzò il padre, De Felice era in preda ad uno stato delirante e allucinatorio che lo aveva portato a travisare completamente la realtà, come se vivesse in una sorta di Truman show. Il tutto aggravato dalla sindrome di Capgrass, un disturbo psichiatrico persecutorio che porta a vedere dei sosia di familiari e amici. Va detto che

l’imputato era stato concordemente giudicato dal perito del gup, la psichiatra Anna Palleschi, e dal consulente della difesa, Giuseppe Salce, «capace di partecipare al processo». Mentre entrambi avevano concluso che  era «incapace d’intendere» al momento dell’omicidio del padre mentre per quanto riguarda la pericolosità sociale era stata definita da entrambi «attenuata».

L’omicidio avvenne nella notte del 16 novembre 2022 al residence “Alle Ortensie” di via Rosolen a Vittorio Veneto. Quella notte il giovane uccise nel salotto di casa il padre Francesco, 56 anni, colonnello dell’esercito in pensione da pochi mesi, con due colpi alla testa con una sbarra di ferro e tre coltellate alla gola. Quella che provocò la morte dell’ufficiale dell’esercito in pensione fu la coltellata alla carotide. Il giovane parricida, maturità classica e laurea triennale in filosofia, da alcuni giorni era in preda ad un preoccupante delirio. Pochi giorni dopo il fatto , davanti al giudice, all’udienza di convalida dell’arresto per omicidio, disse di aver ucciso il padre perché convinto che non era suo genitore ma in realtà era il killer di suo padre biologico. «Come ho fatto a scoprirlo? Dalle battute dei colleghi al lavoro». E aveva aggiunto: «Temevo che lui potesse uccidere mia madre e me. L’ho capito dagli sguardi che mi lanciava».

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