Tutte le forme della passione, dall’ubriaco al Blu ’61 “nuziale”: Carpenedo tra storia e fantasia

La Casearia di Camalò nata dalla passione per i formaggi di Antonio, figlio del “casoìn” Ernesto. Dalle affinazioni sperimentali nascono prodotti con frutta, vino, gin. L’export vale il 60% del fatturato

Fabio Poloni
POLONI AG.FOTOFILM CAMALO' DI POVEGLIANO INTERVISTA - LA CASEARIA CARPENEDO -
POLONI AG.FOTOFILM CAMALO' DI POVEGLIANO INTERVISTA - LA CASEARIA CARPENEDO -

Per il cinquantesimo anniversario di matrimonio, Antonio Carpenedo non ha regalato alla sua amata Giuseppina un gioiello, o un viaggio. No, le ha dedicato un formaggio, nel senso che se l’è proprio inventato, e lo ha prodotto lavorandolo come una torta nuziale, affinandolo con il vino e la frutta. È nato così “Blu ’61”, quello che oggi è uno dei prodotti di punta, più apprezzati e venduti, della trevigiana Casearia Carpenedo.

Nuove generazioni

Se c’è un episodio capace di descrivere la simbiosi tra impresa e famiglia, nel caso dei Carpenedo, è questo. Ce lo racconta Alessandro, 44 anni, figlio di Antonio, che oggi porta avanti l’azienda – si occupa della parte commerciale – assieme al fratello Ernesto, 57, che invece ha in mano la gestione produttiva. C’è già anche la terza generazione, con le figlie di Ernesto, Giulia alla produzione e Valentina al controllo qualità.

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Naturale seguire le orme di famiglia? «Per mio fratello maggiore di più, è entrato subito in azienda – racconta Alessandro, che ci ha aperto le porte dell’azienda a Camalò di Povegliano – io ho fatto il giro un po’ più largo, la mia strada inizialmente andava altrove: stavo per diventare tour operator. Ma la famiglia mi ha chiamato e non ho potuto dire di no: il mio obiettivo era far viaggiare le persone, oggi faccio viaggiare i formaggi».

Storia e modernità

L’ingresso in azienda di Alessandro, a metà degli anni Novanta, ha infatti dato un’accelerata decisa alla vocazione cosmopolita che era propria già del nonno e poi del padre. «Oggi il sessanta per cento circa del nostro fatturato arriva dai mercati esteri – racconta Alessandro – in particolare Europa, Usa, Australia, Giappone». La Casearia Carpenedo conta quindici dipendenti e cinque milioni di euro di fatturato 2021. Antonio, 88 anni, è ancora attivo in azienda. «È il controllore», sorride il figlio Alessandro.

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È nato a Preganziol in una casa-bottega in cui suo padre Ernesto nel 1927 aveva aperto il classico “casoìn”, piccolo negozio di quartiere di alimentari e in particolare di formaggi. Era il 1961 quando Antonio, ancora giovanissimo, aiutava il padre. «È ammirando i movimenti delicati e rispettosi con cui il padre tratta e propone i suoi prodotti che Antonio inizia a interiorizzare una quasi maniacale cura delle forme di formaggio: percepisce l’importanza del tempo per far esaltare il gusto, la rilevanza dell’umidità nella conservazione e delle caratteristiche più giuste dell’ambiente in cui il formaggio viene stagionato», raccontano i Carpenedo.

Le svolte

Il giro in azienda oggi, nella cantina di affinazione, è un tuffo nella storia e nei profumi. A metà degli anni ’60 Antonio prende in gestione un piccolo caseificio a Rovarè, imparando a fare il formaggio da autodidatta, tra esperimenti e innovazioni, arrivando presto a essere uno dei primi esportatori dei suoi prodotti fuori dalla provincia di Treviso e oltre i confini della regione. Nel 1976 una svolta: forte della premiazione della sua Casatella Trevigiana Dop con lo Spino d’Oro, Antonio, alla ricerca di nuove sfide, inizia la grande avventura dell’affinamento dei formaggi.

«Da una tradizione degli agricoltori delle nostre zone, ovvero quella di nascondere le forme sotto le vinacce per non farsele rubare dai soldati in tempo di guerra – racconta Alessandro – gli è nata l’idea del primo formaggio affinato commercializzato in assoluto: l’“Ubriaco”, un marchio da noi registrato e ora di proprietà esclusiva». L’azienda di Antonio diventò il primo laboratorio di affinatura riconosciuto in Italia.

Da allora Antonio non ha più smesso di dar voce alla sua creatività: dall’utilizzo delle vinacce, alla sperimentazione con fieno, foglie di noce, pepe, spezie, birra, liquori e altri ingredienti e fragranze che oggi compongono il repertorio dei “Formaggi di cantina” della Carpenedo. «E poi nel 2011, in occasione del cinquantesimo anniversario di matrimonio, ha voluto dedicare a mia mamma un formaggio che fosse come una torta: è nato così “Blu ’61”, che ha già compiuto dieci anni e oggi è uno dei nostri prodotti più conosciuti e apprezzati».

Le novità

I canali distributivi della Casearia Carpenedo sono soprattutto quelli del retail specializzato, botteghe e ristorazione. «Ma diversi ristoranti hanno proposto piatti con i nostri formaggi, anche lo stellato Zanze di Venezia – conclude Alessandro – E con le pizzerie cerchiamo di lanciare una “simbiosi” per apprezzare i nostri sapori, al di là della classica pizza ai quattro formaggi». L’innovazione non si ferma, anche perché Antonio non smette di controllare.

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