Sit in davanti al tribunale: «Verità sulla morte di Alex Marangon»

Treviso, circa trenta persone, tra cui i genitori del giovane morto a giugno, si sono riunite sabato 21 dicembre per sollecitare le indagini

Andrea Dossi
Sit in davanti al palazzo di giustizia
Sit in davanti al palazzo di giustizia

A quasi sei mesi dalla tragica scomparsa di Alex Marangon, i genitori, Luca Marangon e Sabrina Bosser, hanno organizzato un sit-in di fronte alla Procura per chiedere giustizia e verità sulla morte del figlio.

Circa trenta persone, tra amici, parenti e sostenitori della famiglia, si sono riunite questa mattina, sabato 21 dicembre, per manifestare il loro sostegno e sollecitare le indagini.

«Siamo qui perché non cada tutto nel dimenticatoio» spiega Luca Marangon, esprimendo la preoccupazione che il caso possa essere chiuso senza risposte concrete.

I manifestanti hanno esposto striscioni e cartelloni con messaggi come "Alex poteva essere vostro figlio", "La giustizia non è uguale per tutti" e "Sei mesi, zero risposte, zero indagati".

Alex Marangon era scomparso nella notte tra il 29 e il 30 giugno dall'abbazia di Santa Bona a Vidor, dove si svolgeva un rito sciamanico. Il suo corpo senza vita era stato ritrovato il 2 luglio nel fiume Piave, incastrato in un isolotto a circa otto chilometri di distanza dal luogo della scomparsa.

L'autopsia aveva rivelato fratture alla gabbia toracica, ecchimosi al capo e un trauma cranico, elementi che avevano portato all'apertura di un fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti da parte della Procura di Treviso.

La famiglia Marangon lamenta la mancanza di informazioni concrete. «Non sappiamo che cosa gli inquirenti stiano facendo di preciso», ha spiegato Luca Marangon, aggiungendo che le analisi tossicologiche sono al momento bloccate a causa della mancanza di reagenti.

Sabrina Bosser ha sottolineato l'incongruenza di concentrare le indagini esclusivamente su possibili sostanze assunte dal figlio, ribadendo la convinzione che Alex sia stato vittima di un atto violento. «C’è qualcuno che non parla, che non vuole del bene a mio figlio. Devono esserci degli indagati, ci devono essere dei responsabili», ha affermato la madre. I genitori sono fermamente convinti che il figlio sia stato assassinato.

«L’autopsia parla chiaro», ha ribadito il padre, riportando anche le parole del medico legale che avrebbe escluso l'annegamento come causa della morte, suggerendo che il corpo fosse stato gettato nel fiume poco tempo prima del ritrovamento.

La madre ha inoltre respinto l'ipotesi del suicidio, descrivendo i progetti futuri del figlio, tra cui un viaggio in Europa con un'amica, il cammino di Santiago e un'esperienza in Sud America e Australia.

«La versione che mio figlio si sia gettato nel Piave non è credibile», ha concluso Sabrina Bosser.

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