Nelle case di riposo in provincia di Treviso anziani bloccati a letto: mancano gli oss per aiutarli
Organici in emergenza assoluta, servono 500 operatori e 100 infermieri: sono a rischio i servizi notturni. I concorsi pubblici delle Ulss finiscono per drenare personale alle case di riposo

La presenza notturna degli infermieri? L’alzata quotidiana degli ospiti non autosufficienti per due volte al giorno? Ma anche altri servizi, e persino più semplicemente, il fisiologico smaltimento di ferie e riposi da parte del personale.
Tutto questo sta diventando a rischio, nelle case di riposo trevigiane, dove esplode la crisi del personale, in particolare di operatori socio-sanitari ed infermieri. Oddio, anche di medici, ma in misura per ora meno rilevante.
I numeri
Le stime più recenti dicono che nella nostra provincia – dove sono attive quasi 60 strutture pubbliche e private – mancano all’appello non meno di 500 e forse 600 oss, e fra gli 80 e i 100 infermiere/i. Del resto, la situazione è affine a quella delle altre province venete; in tutta la regione servirebbero non meno di tremila oss, un piccolo esercito.
Ma in questo caso mal comune non è affatto mezzo gaudio. Anzi. «Un’ emergenza conclamata, ogni giorno la situazione peggiora», dicono tutti gli addetti ai lavori, senza eccezioni. Allarme generalizzato, siano le Ipab, siano le società private che gestiscono strutture, siano gli apparati tecnici, siano le associazione dei familiari ospiti per finire ai sindacati.
Crisi e segnalazioni
In una congiuntura di per sé difficilissima per le case di riposo - l’aumento dei costi ha indotto le strutture a ritoccare le rette; le liste di attesa non calano, anzi; e ora si è aperto anche un fronte giuridico per la cause intentate dai familiari degli ospiti con patologie più gravi che invocano la totale copertura delle rette da parte dello Stato – il problema del personale è diventato adesso la priorità, perché mette in crisi la stessa erogazione dei servizi essenziali e il funzionamento a regime delle strutture.
Diversi cittadini segnalano ad esempio al nostro giornale che in alcune strutture dell’hinterland ci sono giornate in cui gli anziani non vengono alzati dai rispettivi letti; altrove la presenza notturna del personale infermieristico, che la legge pure raccomanda in caso di gravi patologie degli ospiti, è sostituita dal turno di reperibilità.
E sempre a proposito di infermieri, i due terzi di quelli in servizio nella Marca sono ormai stranieri, a conferma che la vocazione professionale, a queste latitudini, è in deciso ribasso, se non sta proprio scomparendo. E la tendenza sta pure consolidandosi, tanto che si stima che rapidamente si arriverà toccare il 70% ed oltre.
La concorrenza
«Scenari e realtà inevitabili, oggi», spiega Giorgio Pavan, direttore dell’Israa, la più grande Ipab del Veneto, «I contratti delle Ulss sono migliori, ogni concorso o selezione della sanità pubblica drena personale alle case di riposo. Per cui le nostre assunzioni sono praticamente a tempo, e dopo pochi anni si deve ripartire cercando sempre altrove, al Sud o all’estero, giocoforza. Determinanti, in questo contesto, diventano alcuni benefit, come la garanzia di un alloggio per i primi mesi di servizio».
Quanto ai medici, c’è la possibilità di ricorrere a professionisti in pensione, per sopperire alla mancanza di risorse umane . Ma l’aumento della domanda, come da sempre avviene sul mercato, fa sì che i professionisti ricercati dettino le condizioni. Con l’aumento dei costi per la Rsa, i cui bilanci certo non attraversano stagioni floride.
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