Rivoluzione sanitaria nella Marca: 100 milioni dal Pnrr per 17 case di comunità

I nuovi maxi-ambulatori insieme alla grande chirurgia garantiranno terapie non urgenti e di prossimità in tutta la provincia: ecco dove verranno costruiti e come vi si potrà accedere 

Massimo Guerretta e Mattia Toffoletto
Rivoluzione sanitaria nella provincia di Treviso grazie al Pnrr
Rivoluzione sanitaria nella provincia di Treviso grazie al Pnrr

Da una parte la grande Cittadella sanitaria, chiamata a rispondere alle esigenze di salute più complesse. Prima su tutte, la grande chirurgia. Dall’altra, a completare il quadro della rivoluzione sanitaria targata Ulss 2, la riformulazione della sanità territoriale.

Ed ecco che nella Marca il nuovo ospedale e la realizzazione di 17 case di comunità diventano le due facce della stessa medaglia. L’indelebile lezione del Covid ha dimostrato quanto siano fondamentali le cure territoriali: per questo nella Marca, così come nel resto del Veneto, nasceranno uno dopo l’altro dei maxi-ambulatori che garantiranno cure primarie non urgenti e di prossimità, disponibili praticamente sette giorni su sette e h24.

I fondi per realizzare le case di comunità in provincia di Treviso, 100 milioni di euro, sono arrivati dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Il progetto è targato Ulss 2, nella figura del suo manager Francesco Benazzi, che ha stabilito organizzazione e tappe delle aperture delle strutture.

Accanto ai presidi fisici, saranno istituite anche 8 centrali operative territoriali, veri e propri cardini sanitari, che prenderanno in carico l'utente “protetto” al fine di raccordare i soggetti della rete assistenziale.

Le case di comunità

A Treviso città le case di comunità saranno due, una a Fiera (nell’ex asilo) e l’altra a palazzo Moretti. La prima avrà una superficie di circa 800 metri quadrati e ospiterà otto ambulatori, la seconda invece 14.

Saranno aperte al pubblico nei primi mesi del 2026. In provincia invece nel corso di 24 mesi, tra 2025 e 2026, prenderanno forma (e sostanza) tutte le altre strutture: Farra di Soligo e Vittorio Veneto; poi, sempre nel 2025, Asolo, Castelfranco, Crespano Conegliano, Motta di Livenza, Paese e Villorba.

Bisognerà attendere il 2026 per Codognè, Mogliano, Montebelluna, Valdobbiadene e Dosson. Per Oderzo invece sarà sufficiente una riorganizzazione della struttura, Vittorio attende l’inaugurazione.

Come funzionano

Secondo il report Agenas, che ha disegnato a livello nazionale la casa di comunità, opera un’equipe multi professionale. Saranno a disposizione dei pazienti, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, ma anche medici specialisti, infermieri di Famiglia e Comunità, ma anche assistenti sociali.

Sarà aperta 12 ore al giorno, gli utenti potranno contare su un’erogazione continua dei servizi: la continuità assistenziale garantirà una copertura notturna e festiva 24 ore su 24 e sette giorni su sette (in provincia di Treviso offriranno questo servizio le due case di Treviso, Mogliano, Montebelluna, Crespano, Conegliano, Codognè e Valdobbiadene). In altre parole dovrebbe terminare la corsa del fine settimana al Pronto soccorso (pediatrico e non), riservato – così come dovrebbe essere – alle emergenze.

L’infermiere di comunità

Il progetto di riforma della sanità territoriale dà ampio spazio alla telemedicina, fatta di televisite, teleconsulto, telemonitoraggio, telecontrollo e teleassisitenza.

Viene introdotta anche la figura di infermiere di comunità: si tratta di un professionista di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera.

Il manager dell’Ulss 2 Benazzi è già al lavoro per trovare le figure professionali che lavoreranno nelle strutture, e l’infermiere di comunità rappresenta l’elemento cardine dell’organizzazione nell’ottica del passaggio dalla semplice “cure” (la cura) alla “care” (la presa in carico).

Il cervello dell’operazione

Collante della rivoluzione case di comunità saranno le Cot, centri operativi territoriali. A Treviso saranno a Casier, Crespano, Conegliano, Mogliano, Oderzo, Pieve di Soligo, Valdobbiadene e Vittorio Veneto «un modello organizzativo che coordina la presa in carico della persona e funge da raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nelle diverse afferenze assistenziali: svolge attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza», recita il rapporto. Sarà il cervello dell’operazione di rivoluzione sanitaria.

Ambiziosa, ma necessaria di fronte all’invecchiamento della popolazione e cronicizzazione delle patologie.

(Massimo Guerretta)

L’intervista 

Alla casa di comunità di Vittorio Veneto il traguardo è stato tagliato a fine 2024, le prossime da fine estate 2025. A fare il punto è il direttore generale Ulss 2, Francesco Benazzi, che rassicura sul personale: «Sarà tutto interno, non si faranno esternalizzazioni».

Direttore Benazzi, ci sono novità sulle case di comunità di Treviso, all'ex asilo di Fiera e a Palazzo Moretti?

«Intanto i primi lavori conclusi e collaudati sono a Vittorio Veneto: la struttura sarà inaugurata prossimamente. Riguardo a Treviso, il cantiere a Fiera è partito il 12 dicembre. Sarà pronta per marzo 2026 e non quest'anno, il parere della Soprintendenza ha allungato i tempi. L'impresa deve correre, tutto deve essere completato nel 2026. Quanto a Palazzo Moretti, il progetto è stato rivisto più volte per le prescrizioni di Soprintendenza e vigili del fuoco: risolti i problemi tecnici, questo mese la conferenza di servizi. Seguiranno progetto e, in primavera, cantiere».

Detto di Vittorio Veneto, le prossime?

«Entro l'anno ne apriremo diverse, una sfida a chi finisce prima. A Paese l'avremo a settembre. Poca differenza a Motta, Crespano, Farra, Vittorio, Conegliano, Villorba e Oderzo».

Come affronterete la questione personale, viste le carenze degli ultimi anni?

«Contiamo, fra fine 2025 e inizio 2026, di avere tutto il personale necessario. Serviranno specialisti: geriatri, radiologi, pneumologi, cardiologi. Specialità che, però, si trovano. Riguardo agli infermieri, abbiamo i corsi universitari che possono sfornare 200 ragazzi ogni anno: li troveremo. Abbiamo già bandito il concorso per infermieri di comunità: dovranno frequentare anche un corso di formazione che organizzerà la Regione».

Quanti medici, infermieri e oss serviranno?

«Anzitutto sarà tutto personale Ulss 2. Ci vorrà una settantina di infermieri, mentre i medici ruoteranno fra le case di comunità: a Treviso, a esempio, faranno ore sia a Fiera sia a Palazzo Moretti. Gli oss avranno un ruolo meno impattante e c'è appena stato il concorso: dovremo fare i conti con le necessità delle case di riposo. Avremo pure gli amministrativi, bandiremo i concorsi. E ogni struttura potrà disporre di 13 strumenti: dal retinografo all'ecografo».

I sindacati paventano il rischio di esternalizzazioni e privatizzazioni: ribatte?

«Non ci saranno. Ripeto, li troveremo con i concorsi. Il problema non si porrà».

Cosa cambierà nella sanità con le case di comunità?

«Una svolta epocale. Avremo una sanità più vicina. E sarà netta la distanza fra il caso acuto, che verrà trattato in ospedale, e le cronicità, gestite dalle case di comunità. Senza scordare i codici bianchi, visto che ci sarà la guardia medica: si sgraveranno i pronto soccorsi. E si faranno ecografie, raggi-X, esami del sangue».

(Mattia Toffoletto)

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