Rette delle Rsa a carico dei Comuni, la protesta dei sindaci
Paola Roma, sindaca di Ponte di Piave: «Vanno riformate le modalità di calcolo dell’Isee». Marco Della Pietra (Spresiano): «Governare così diventa impossibile»
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Il Consiglio di Stato si è pronunciato obbligando il Comune di Maser a coprire la differenza tra l’Isee e la retta in struttura per un cittadino ricoverato in una Rsa.
La sentenza scuote anche gli altri Comuni della Marca e rischia di essere un boomerang, andando a creare un precedente che potrebbe far fioccare i ricorsi verso gli stessi Comuni. Così facendo si arriverebbe a una situazione insostenibile per la casse degli enti pubblici.
Il caso di Spresiano
«I Comuni rischiano di essere soffocati da una sentenza come questa, che va in una precisa direzione e mette a repentaglio la nostra sostenibilità.
Rifugiarsi sempre dietro ai Comuni non va bene, i nostri bilanci sono già risicati, pronunciamenti come questo rischiano di mandarli in rosso» commenta Marco Della Pietra, sindaco di Spresiano, che non nasconde la preoccupazione. «Venissero i giudici a fare i sindaci, governare in questo modo è impossibile» provoca Della Pietra.
Il primo cittadino di Spresiano porta un esempio concreto seguito dal suo ente: «Stiamo aiutando una persona ricoverata in una struttura fuori regione, ebbene, il Comune compartecipa alla spesa di 500 euro al giorno, con un impegno complessivo di oltre 70 mila euro l’anno per le casse comunali. Se dovessimo avere altre due o tre persone con questo tipo di necessità, salterebbe il banco.
Per questo l’unica strada possibile è di sederci e affrontare la questione in maniera complessiva, una volta per tutte, in modo che tutti mettano la loro parte, famiglie comprese. Altrimenti, avanti di questo passo, la situazione diventerà improponibile, non si può gravare unicamente sulle spalle dei Comuni».
Situazioni differenziate
Oggi il fondo per la non autosufficienza non basta a coprire tutte le esigenze, e ogni Comune si comporta in maniera diversa per tamponare le criticità. C’è chi applica l’Isee in senso stretto, chi l’Isee familiare prevedendo degli scaglioni di intervento alla spesa a sostegno delle persone con una fragilità. «La sentenza rischia di creare un cortocircuito, ma allo stesso tempo apre un fronte che va discusso rispetto alla disponibilità delle singole persone e alla capacità degli enti locali di fare fronte alle fragilità» aggiunge Gloria Tessarolo, assessore al sociale del Comune di Treviso che, mediamente, ogni anno investe un milione di euro per supportare l’assistenza delle persone in difficoltà. Urge quindi una riforma dell’Isee.
«Va ripresa in mano la ratio dell’Isee che deve tenere conto anche di pensione di invalidità, accompagnatoria, patrimonio e altri sussidi alla persona che dovrebbero essere indirizzati anche al pagamento dei servizi residenziali, laddove ce ne sia bisogno, lasciando ai Comuni la facoltà di investire le risorse del proprio budget garantendo giustizia sociale e risposte modulate in base ai reali bisogni».
«Riformare l’isee»
Di logica ed equità della distribuzione delle risorse, parla anche Paola Roma, sindaca di Ponte di Piave e presidente dell’Associazione Comuni della Marca Trevigiana, ricordando anche la discussione aperta da una sentenza riferita alle persone con disabilità: «Andrebbe riformato l’Isee come metodo di calcolo in maniera strutturale, per questo noi oggi ci basiamo come Comune sul fattore famiglia, un Isee modificato con indicatori più equi.
Il futuro sarà lavorare sempre di più sul progetto di vita personalizzato coinvolgendo la famiglia, i Comuni e l’Ulss per gestire il durante e il dopo di noi, rispondendo nella maniera più appropriata ai bisogni».
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