Pozza: «Appiani flop, avevo ragione. Ipotesi università? Ma non da sola»

Il presidente della Camera di Commercio di Treviso sul destino della Cittadella: «Ora serve un piano serio»
Federico de Wolanski
L'area Appiani
L'area Appiani

«Alla fine di tutto posso dire che abbiamo avuto ragione noi scegliendo di rimanere qui». Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio, è netto nel parlare della fuga delle istituzioni dalla Cittadella che era stata creata per loro. Quella Cittadella che riservava alla Camera una intera torre, oggi ancor vuota.

Il «no», con il quale la Camera di Commercio mandò a monte gli accordi per il trasferimento dell’ente fatti all’epoca con Fondazione è valso una lunga causa legale, ma ha allontanato l’ente dai problemi che oggi affliggono gli altri inquilini, e che hanno creato tantissime polemiche in una città svuotata degli uffici. Pozza se ne rende ben conto, ma lungi dal condannare una città che «in altri tempi, meno problematici, aveva un’altra prospettiva», oggi sottolinea come «Treviso sia una città piccola, che ha dinamiche e necessità diverse, e soprattutto con il dopo pandemia vive una riduzione degli uffici e un nuovo interesse per la loro localizzazione in centro». Il rischio che la Cittadella Appiani diventi un vuoto a perdere «come lo sono ancora molti degli immobili che vennero coinvolti nell’operazione» spiega riferendosi all’ex Questura, all’ex Caserma Capo Sile di via Riccati, alla Cittadella dell’economia in via Canova (tutti svuotati allora, ma ancora inutilizzati), «va combattuto con un piano serio per il rilancio dell’Appiani».

Quale può essere il futuro del colosso disegnato da Mario Botta e costato milioni? Il presidente della Camera allarga le braccia, «le destinazioni possono essere molteplici, ed anche pensando alle istituzioni, l’università potrebbe essere una bella prospettiva ma non da sola» sottolinea, «se si facessero solo aule la Cittadella di notte sarebbe terra di nessuno. Servono invece aule, con servizi collegati, uno studentato e altro per renderla sempre viva». È – va detto – l’idea che aveva anche l’ex sindaco Manildo, che immaginò un Appiani che comprendesse oltre agli atenei anche la scuola di musica del Manzato (da trasferire, e oggi portata in Banca d’Italia, con una trattativa che ha visto anche il suo zampino).

Quell’idea venne cestinata, in primis dagli atenei, restii a traslocare fuori mura ed oggi appare ancor meno percorribile visto che Ca’ Foscari sta per allestire il campus all’ex Turazza e il Bo è saldo al Quartiere Latino. «Vanno comunque previste destinazioni di valore, su questo so che Comune e Fondazione stanno dialogando e confido venga trovata una soluzione».

Per il trasloco della Finanza e dell’agenzia delle entrate (l’intera torre 2) serviranno un paio di anni almeno. Per la Questura ben di più, non essendo ancora chiaro se lo Stato o i privati troveranno alternative all’attuale affitto della torre 1.

La strada però pare segnata, solo l’interessamento diretto per l’acquisto degli attuali spazi della Questura da parte del ministero potrebbe invertire la rotta. Ma la spending revivew chiede altro: l’utilizzo di immobili di proprietà già esistenti.

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