«Poche acque libere, pescare è un salasso»

«Non si può far pagare 34 euro la licenza di pesca per praticare questo sport in acque libere, ma poi non assicurare le acque libere soprattutto lungo i fiumi più importanti e teoricamente più allettanti, e magari anche carichi di pesce». Giorgio Torresan, consigliere comunale della Lega Nord, contesta l’attuale sistema della pesca in provincia di Treviso, dove sono oltre 209 mila i titolari della licenza.
«Acque libere non ce ne sono più, in molto e zone della provincia», sottolinea, «perché sono tutte riserve date in concessione alle società», lamenta l’esponente del Carroccio, pescatore da anni e anni, «non ho nulla contro le società, che svolgono un prezioso lavoro di manutenzione, di sorveglianza ambientale. Sono anch’io iscritto a una società che ha una riserva in concessione: e pago la mia quota supplementare. Ma uno non può mica svenarsi a pagare 5,6 7 canoni diversi se vuole pescare lungo i fiumi più belli...»
La Provincia certifica che le acque in concessione sono il 25% del totale, ma certo sono nelle aree più ricercate. Le quote per pescare nella riserve non sono proprio leggere: 120, 140, 160, anche 170 euro l’anno. «Così diventano gabelle, se uno vuole andare in fiumi diversi. Peggio, un salasso, per chi chiede solo di poter praticare una sana passione nella natura. Perché deve diventare costosa? E penso a un papà che vuol portare i figli a pescare. Mi piacerebbe che il presidente della Provincia, e quello della Regione pensassero anche a questo», continua Torresan, « il sistema va profondamente rivisto» .
E traccia un quadro della situazione esistente. «Mi risulta che il Sile e tutti i suoi affluenti siano monopolio di 200 pescatori, un centesimo di quelli che hanno la licenza», spiega, « e ancora Limbraga, Storga Piovensan, Rui e Melma siano feudo di 65 pescatori, il Sile e il Sil Morto sono in concessione fino a Quarto d’Altino. E il Piave ? Idem anche lì, penso alla zona di Crocetta e sotto il Montello è diventa il territorio di 300 pescatori. E la Fips ha in concessione il Musestre, il Meolo, il Giavera, la Lia. Il paradosso è che lungo il Sile si potrebbe pescare in teoria a monte di Treviso, ma lì le sponde sono impraticabili, hai voglia...». Torresan cita il caso di un suo amico: «Voleva portare suo figlio a pescare, ha fatto due conti e ha visto che fra Treviso, la periferia, i comuni del comprensorio, di fatto, non poteva farlo. Nemmeno portando il figlio fino a Jesolo».
Soluzioni? Torresan per venire incontro ai liberi pescatori, ne suggerisce due: l’introduzione di un unico concessionaria per tutta la provincia, come avviene in Friuli («oltre ai 34 euro si pagherebbe uno e un solo canone supplementare»), oppure aprire le riserve ai possessori di sola licenza («un chilometro di riserve e uno per la pesca libera, alternati esattamente lungo le sponde dei fiumi e degli altri corsi d’acqua»).
La questione terrà banco fra i pescatori. Ed è una battaglia, quella di Torresan, che non è solo economica, ma vuole introdurre anche un principio di maggiore equità, e di filosofia in generale. Che senso ha pagare una licenza che non è tale poi in realtà? E secondo Torresan, anche la definizione di acque pubbliche diventa un controsenso.... un po’ come le spiagge, con la questione di metri davanti alla battigia.
Torniamo alla pesca, su sponde di acqua dolce. E a proposito di soldi canoni e tasse, Torresan lancia a un’ultima provocazione: «Mi piacerebbe anche fare due conti sul ripopolamento dei fiumi, se non sbaglio gli oltre 20 mila pescatori, a 34 euro l’uno, portano nelle casse 700 mila euro, se non di più: hai voglia di immettere pesce nei fiumi». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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