Oderzo, malore al ristorante, muore a ottant’anni

La corsa all’ospedale e poi il decesso. La vittima è Luciano Dall’Acqua, storico giocatore di hockey su pista, allenatore e commerciante 

Valentina Voi

Un malore al ristorante, il giorno di Pasqua, poi la corsa in ospedale dove è morto. Se n’è andato così Luciano Dall’Acqua, opitergino, storico giocatore di hockey su pista, indossò la maglia dell’hockey Oderzo in A1 quando si chiamava Ignis nel 1968, e  nel 1980 riuscì a portare la Coppa Italia a Pordenone. Un passione per lo sport continuata come allenatore, contribuendo a formare generazioni di atleti, ma un ruolo di primo piano nella vita cittadina di Oderzo dove era direttore del negozio “Fabrizio” casalinghi in via Umberto I.

Una scomparsa inimmaginabile per chi solo pochi giorni fa lo aveva salutato al termine dell’ultima giornata di campionato. 

Secondo una prima ricostruzione Dall’Acqua, classe 1944, si trovava al ristorante con i familiari e amici nella sua Oderzo quando ha accusato un malore. Tempestivo l'intervento del Suem di Treviso, che è intervenuto nella sala caricando l’uomo  in ambulanza verso l’ospedale di Oderzo,. Lì la sua situazione si è aggravata ed avrebbe avuto un arresto cardiaco. Inutili le manovre di soccorso, il decesso dell’uomo è stato dichiarato poco dopo. 

La notizia della sua scomparsa ha rapidamente valicato i confini della provincia di Treviso e della regione arrivando sul Noncello, dove il «vecchio leone opitergino», così lo ricorda l’Hockey Pordenone, era un nome noto. Dopo aver iniziato la sua carriera sportiva a Oderzo, infatti, Dall’Acqua era presto approdato a Pordenone. Vi aveva giocato dall’inizio degli anni ’70, arrivando nel 1980 a conquistare la Coppa Italia: è stato il risultato più significativo conseguito dalla società sportiva pordenonese. Anni vissuti al fianco di Giovanni Silvani, l’amico di sempre e storico presidente della società, mancato tre anni fa. Anche Dall’Acqua, come Silvani, ha dato un significativo contributo all’hockey su pista pordenonese allenando a più riprese la prima squadra.

L’Hockey Pordenone lo ricorda come «emblema di una generazione che avrebbe spostato le montagne, che non temeva di andare contro tutto e contro tutti con la sola forza dell’orgoglio. Carattere ruvido e deciso, atleta indomito e affamato di reti, allenatore ambizioso e implacabile».

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