A Treviso la Giornata della memoria, Nordio: «Israele faro per la democrazia»

L’intervento del ministro della Giustizia alla cerimonia al Sant’Artemio: «Israele è una democrazia cui essere sempre amici». Medaglie ai familiari di una sessantina di internati militari trevigiani e tributo di autorità e studenti alle quattro pietre d'inciampo

Mattia Toffoletto
Gli studenti alle pietre d'inciampo al Sant'Artemio, sede della Provincia di Treviso (foto Enrico Colussi/Fotofilm)
Gli studenti alle pietre d'inciampo al Sant'Artemio, sede della Provincia di Treviso (foto Enrico Colussi/Fotofilm)

«Una giornata che deve ispirarci a combattere ogni forma di discriminazione e antisemitismo. Israele, ciascuno pensi ciò che vuole sulla conduzione politica, è un faro per la democrazia in quell'area del Mediterraneo. Una democrazia cui essere sempre amici».

Così Carlo Nordio, ministro della Giustizia, alla cerimonia per la Giornata della memoria al Sant'Artemio, che ha coinvolto lunedì 27 gennaio - a 80 anni dalla liberazione del lager di Auschwitz – circa 150 studenti di Riccati-Luzzatti, Giorgi-Fermi e Duca degli Abruzzi.

 

Il tributo degli studenti alle pietre d'inciampo al Sant'Artemio

Il senso della giornata è fare proprio l'appello della senatrice a vita Liliana Segre: continuare a mantenere vivo il ricordo dell'immane tragedia dell'Olocausto, anche quando gli ultimi testimoni non ci saranno più. «Io visitai da privato cittadino Auschwitz e altri campi di sterminio», racconta Nordio, «Quando sento parlare di odio razziale e antisemitismo, mi vengono in mente i forni crematori. Questa giornata deve servire a mantenere vivo il ricordo, a fare in modo che non succeda mai più. Perché si corre sempre il rischio di dimenticare, com'era successo dopo la guerra: solo a inizio Anni '60, con il processo all'aguzzino Adolf Heichmann, si riaccese la memoria sulla più grande tragedia del catalogo nero delle nefandezze umane».

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Due momenti significativi nella mattina in Provincia: la consegna delle medaglie ai familiari di una sessantina di internati militari trevigiani; il tributo, da parte di studenti e autorità, alle quattro pietre d'inciampo collocate due anni fa nel giardino del Sant'Artemio in memoria di Elena Guttman, Polacco Ruggeri Segré, Salvatore e Ruth Schlesinger.

I familiari di una sessantina di internati militari trevigiani che hanno ricevuto la medaglia (foto Enrico Colussi/Fotofilm)
I familiari di una sessantina di internati militari trevigiani che hanno ricevuto la medaglia (foto Enrico Colussi/Fotofilm)

Toccante la testimonianza di Luciano Grotto, in Provincia per ricordare lo zio Giovanni Antonello, originario di Pederobba, morto sotto le bombe ad Amburgo: «Grazie alle ricerche della storica Tiziana Covolan ho scoperto che lo zio, militare, morì in Germania, perché era stato deportato in un campo di lavoro forzato. Ebbe la sfortuna maledetta di morire, nel giorno della Liberazione, sotto le bombe di un'incursione aerea. Andrò al cimitero di Amburgo a trovarlo».

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Sergio Amadio ha ricordato suo padre Angelo, originario di Arcade, catturato nel '43 a Udine e internato in un campo di lavoro nei Sudeti (oggi Repubblica Ceca): «Ritornò a casa, dopo due anni di prigionia, con l'epilessia. Pesava 33 chili e cadeva cinque-sei volte al giorno. Il ricordo è l'unico strumento per far sì che certe tragedie non si ripetano mai più».

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