Macchina per spritz, scoppia la guerra dei brevetti

Sprizzer contro Spritz Machine. È tutta trevigiana la battaglia sulla primogenitura della macchina per fare l’aperitivo più diffuso e amato nella Marca. Da una parte Gianluca Marcassa e Marco Segato, i due che hanno brevettato lo Sprizzer attualmente in uso nei locali trendy di Jesolo e Treviso, dall’altra l’azienda Mixarte di Dosson di Casier, che già tre anni fa ha presentato a Rimini la Spritz Machine al Sigep (Salone internazionale gelateria, pasticceria e panificazione artigianali). «Non si tratta di un prodotto così innovativo - spiega Claudia, titolare dell’azienda trevigiana - noi l’abbiamo presentata al pubblico già tre anni fa e, anzi, ora abbiamo lanciato la Cocktail Machine, che è la naturale evoluzione che sta andando molto bene soprattutto in Australia».
Le due macchine non hanno molte differenze. Lo Sprizzer pesa cinque chili e ha la forma di una lampada da comodino. Ha colori neutri e in alto vengono posizionate, rovesciate, le tre bottiglie di Aperol, Prosecco e acqua gasata. Il cilindro miscelatore a due posizioni è collegato alla spina. Uno per servirlo liscio e l’altro per la versione classica. La Spritz Machine pesa invece 15 chili e funziona diversamente: il barista deve posizionare le 4 bottiglie, scegliere sul pannello di controllo il tipo di spritz o aperitivo desiderato dal cliente, premere il pulsante che prepara la bevanda e il gioco è fatto.
Ma cosa pensano gli osti trevigiani di questi strumenti? Alcuni si dicono scettici, sostenendo che questo genere di macchine possono avere successo solamente nelle piazze estere, altri invece affermano che possono agevolare il lavoro di chi sta dietro il bancone. Tra questi Fabio Tambarotto, che insieme al fratello Mauro gestisce Muscoli’s: «Mi sembra sia una buona idea che può agevolare il nostro lavoro. Non sembra, ma fare dai cinquanta ai cento spritz a serata è faticoso, per cui, se il risultato è buono, non vedo perché non sfruttare anche questo genere di aiuto». Decisamente più scettico Stefano Zanotto di Arman: «Non la userò mai. Credo che da noi, a Treviso o comunque in Veneto, non possa proprio funzionare. Forse in centri come Milano o Bologna può avere un suo senso. Ma da noi i clienti vogliono vedere l’oste che lo prepara a mano, in modo tale da chiedere spritz più o meno rinforzati».
«Credo sia una buona idea per americani, tedeschi e giapponesi - afferma Denis Mistro, titolare del bar Borsa - da quanto ho capito deve essere ricaricato molto spesso, per cui il rischio, almeno da noi dove il consumo è alto, è di passare più tempo a cambiare le bottiglie vuote che a preparare i drink. Sarebbe necessario avere serbatoi più capienti e allora potrebbe avere una sua utilità».
Chi invece non si divide è il popolo del web, unito nel criticare la macchina per fare lo spritz. Su Facebook infatti la notizia si è diffusa rapidamente e ha raccolto molti commenti anche sul sito della tribuna. Tra questi anche l’ex consigliere regionale Nicola Atalmi: «È la prova evidente della inarrestabile e giusta decadenza della civilità occidentale. Costerà ancora di più e farà ancora più schifo». «No, lo spritz è un rito e anche il barman ne fa parte», scrive Adriana Miotti, «però il fascino del barman che te lo prepara al momento ha tutto un altro sapore... Adesso abbiamo industrializzato pure lo spritz... nonostante tutto ammiro l'ingegno...», commenta con un po’ di amarezza Andrea Carrer. E di tutto questo chissà cosa direbbe Gigi Vescovi, re dello spritz, fenomeno assoluto tra i baristi della «Treviso da bere» degli anni ’80 e ’90.
Giorgio Barbieri
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