L'Unesco boccia il Prosecco, le colline non sono patrimonio dell'umanità

L’Unesco chiude le porte in faccia al Prosecco: «Ripassate tra un anno», per il momento di diventare Patrimonio dell’Umanità non se ne parla. Saranno anche “belle”, le colline del Conegliano-Valdobbiadene, ma non sono “uniche”, la parola che i giudici Icomos ripetono più spesso per motivare la bocciatura durante l’assemblea-fiume di sabato sera e domenica mattina in Bahrein.
Una discussione infinita, quattro ore di confronto tra i rappresentanti di 21 Stati (e chissà quanti colloqui informali), la candidatura che, dopo dieci anni di grancassa leghista, a un certo punto rimane appesa a una mozione della Tunisia appoggiata da Kuwait, Zimbabwe, Ungheria, Tanzania, Uganda e Guatemala. Non basta: 12 sì a 9, ma serviva la maggioranza qualificata dei due terzi.

Il “no” arriva poco prima delle 11 di domenica (i big d’Europa votano contro), poi la beffa del sì a “Ivrea città industriale del XX secolo” in una manciata di minuti. Consorzio del Prosecco Docg e Zaia giurano: «Ci riproveremo nel 2019», la delegazione italiana in Bahrein - con il sottosegretario agli Affari esteri Guglielmo Picchi - sottolinea che... poteva andare peggio, perché alla fine il successo è mancato per due soli voti.
Per nessun altro dei 28 siti in corsa (quasi tutti promossi, a dire il vero) si è assistito a un dibattito tanto acceso, con posizioni inconciliabili tra i vari Stati. In sintesi: il comitato Unesco propone la bocciatura definitiva dopo il giudizio di Icomos. L’assemblea però è spaccata e si crea un gruppo di Stati, a guida Tunisia, che propone una mozione per promuovere ugualmente le colline del Prosecco.
Mozione che dovrebbe passare con i due terzi dell’assemblea. La mappa della decisione è presto disegnata sentendo gli interventi dei delegati prima del voto: a favore ci sono Tunisia, Angola, Bahrein, Brasile, Cuba, Guatemala, Ungheria, Indonesia, Kuwait, Uganda, Tanzania, Zimbabwe. Votano “no” Australia (agguerritissima), Azerbaijan, Bosnia, Burkina Faso, Cina, Kirghizistan, Norvegia, Saint Kitts and Nevis, Spagna. Dodici a nove: ci si rivede l’anno prossimo a Baku, in Azerbaigian.
Non è solo un braccio di ferro tra diplomazie. Prima del voto Icomos, l’ente incaricato del parere tecnico, ha spiegato con dovizia di particolari perché il Conegliano-Valdobbiadene non dovrebbe essere Patrimonio dell’Umanità.
«Le colline descritte nel dossier, pur essendo gestite in maniera virtuosa e rappresentando un’ottima interazione tra uomo e ambiente, non sono un luogo unico al mondo» hanno ribadito i giudici davanti all’assemblea, «il paesaggio citato nel dossier, così come i borghi medievali citati, si trova anche in altri luoghi del Veneto e riflette i cambiamenti del tempo perché è mutato con la crescente popolarità del Prosecco», e ancora «il dossier è incompleto, fa riferimento alle competenze esportate in tutto il mondo dai migranti partiti dal Veneto ma non capiamo in che modo questo possa supportare la causa. Non diciamo che il paesaggio non valga: diciamo che non è sufficientemente unico per entrare nella lista dei Patrimoni dell’Umanità».

La delegazione italiana, con il sottosegretario Picchi, sostiene che «è mancata la solidarietà europea, non sull’oggettività della candidatura ma nel segreto dell’urna. La soddisfazione c’è: con un gran lavoro di squadra abbiamo messo in linea la candidatura per ottenere l’iscrizione l’anno prossimo».
Nelle ore successive alla decisione scatta la gara per far sembrare la sconfitta meno... sconfitta: «È stata una sessione intensa» spiega l’assessore regionale Cristiano Corazzari, «abbiamo ribaltato una posizione di grande negatività da parte di Icomos, neutralizzando l’azione di lobby contro di noi condotta da Spagna e altri Paesi.
Oggi abbiamo posto le basi per portare a casa il risultato l’anno prossimo a Baku». Si accoda il governatore Luca Zaia: «Ci riproveremo nella prossima sessione. Però questa, di sessione, è già costata 800 mila euro, e qualche strascico lo porta. Uno su tutti: in tanti si chiedono perché sia stato silurato, a un certo punto, il responsabile della candidatura, l’architetto Pietro Laureano, che aveva già portato a buon fine i dossier di Matera e del Cilento.
Sul territorio sono presenti 178 case spumantistiche che producono oltre 90 milioni di bottiglie con un valore della produzione che nel 2015 ha toccato quasi quota 500 milioni di euro franco cantina. Oggi oltre il 40% dell’intera produzione viene esportato in 100 paesi nei cinque continenti. Complessivamente gli addetti
al settore enologico sono 5400. Questi numeri hanno contribuito a far ottenere a quest’area il riconoscimento di Primo Distretto Spumantistico d’Italia, nel 2003.
L'analisi tecnica
«Certo, l’anno prossimo, o quando sarà, si può vincere. Ma il dossier va rigenerato dal profondo, non solo corretto. E lo si dovrà fare insieme e non contro l’Icomos». Parola di Giorgio Andrian. Il geografo padovano ha lavorato sei anni per l'Unesco – presso il Venice Office e il World Heritage Centre – e si occupa di candidature nei vari ambiti dell’istituzione (Patrimonio Mondiale, Patrimonio Culturale Intangibile, Creative Cities), in diversi paesi europei. Ha collaborato anche alla proposta di riconoscimento Unesco del ciclo pittorico dei maestri del Trecento a Padova - Giotto, Mantegna, Giusto De' Menabuoi. In Bahrein il World Heritage Committee ha fatto mancare due voti alle Colline del prosecco (12 sì, anziché 14, per il riconoscimento universale).
Il presidente Luca Zaia si dice convinto che il prossimo anno, a Baku, la candidatura finalmente passerà.
«Me lo auguro. Potrà accadere, però, solo ad alcune condizioni: che il dossier sia rivisto nelle motivazioni dell’eccezionalità e dell’unicità delle Colline del Prosecco come patrimonio culturale; che questa riscrittura avvenga in collaborazione con gli esperti dell’Icomos e non contro di loro. E, soprattutto, che il governo scelga di sostenere questa proposta e non altre».
E qui potrebbe cascarci l’asino?
«Se ancora quest’anno era possibile presentare due candidature, dal prossimo si potrà farlo solo con una. E il Prosecco, ad oggi, ha già due competitors: la Sila e le Alpi Mediterranee (un progetto condiviso con la Francia)».
Quanto tempo ha il Veneto per ripresentare le Colline del Prosecco?
«Tre anni. Quindi io consiglierei ai promotori, alle luce delle osservazioni che ho sentito fare in due ore di confronto in Bahrein, che approfondiscano, in stretta collaborazione con gli esperti dell’Icomos, le ragioni per cui le colline delle nostre bollicine sono da considerarsi un patrimonio culturale unico ed eccezionale. Ciò che non è stato fatto, a sentire il dibattito di domenica».

Come si fa a dimostrare che manca proprio il tassello delle bollicine per completare il mosaico culturale della viticoltura?
«Perfezionando l’analisi comparata con i 12 paesaggi coltivati a vite che nel mondo l’Unesco ha già riconosciuto. I nostri esperti devono certificare che manca qualcosa e che questo qualcosa è dato solo dal Prosecco. Inoltre ci dovrà essere una comparazione con altri vitigni che potrebbero, un giorno, essere nostri competitors. All’allora ministro dell’Agricoltura, Zaia, prospettai già che la candidatura sarebbe stata un percorso complesso, difficile, intriso di rischi».
Tra questi rischi c’è anche la possibilità che l’anno prossimo, a Baku, si ripresentino gli stessi membri che ci hanno votato contro?
«La Cina, che fa tendenza, è in scadenza, ma potrebbe ricevere un secondo mandato. Così altri membri. Noi dovremmo convincere proprio i Paesi che fanno opinione. Pure la Spagna».
E il Veneto dovrà convincere di nuovo il governo.
«Appunto. Mi sa che Sila e Alpi Mediterranee vogliono andare avanti. Il governo, inoltre, ha il delicato compito di fare diplomazia. Che non si fa sbattendo i pugni o, comunque, attaccando. Il governo deve sentire la responsabilità di avere il maggior numero di siti, riconosciuti e tutelati, e quindi di essere garante della massima serietà delle candidature. Icomos, nel caso delle Colline del Prosecco, ha contestato i “fondamentali”. Che, appunto, non ha trovato motivati».
L’uso delle sostanze chimiche nei vigneti può aver giocato la sua parte?
«Sì, ma non in modo determinante. Se un ispettore si sente raccontare dagli abitanti di un insediamento che soffrono per le irrorazioni, si pone evidentemente qualche dubbio di trovarsi in un contesto unico ed eccezionale, dove l’uomo e l’ambiente stanno in armonia: 10 sono i criteri internazionali che lo definiscono e ne basta uno di convincente per passare»
Per il governo non è interessato solo il Ministero delle politiche agricole…
«È anche quello dei Beni culturali, in cui hanno la loro voce, in modo pesante, le Soprintendenze. Se ne tenga conto nella riscrittura dei fondamentali».
Il dossier icomos
Il caso scoppia a inizio 2018 con una lettera scritta in inglese che porta la data del 18 gennaio, firmata da Gwenaelle Bourdin, direttore dell’unità di valutazione di Icomos, il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti Unesco. Destinatario il capo della delegazione italiana presso l’Unesco, Vincenza Lomonaco. È quest’ultima ad averlo trasmesso, a stretto giro di posta, agli uffici del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che l’ha ricevuta alla fine di gennaio. Una lettera che finora la Regione ha scelto di tenere riservata ma che il nostro giornale è stata in grado di rivelare.
La sintesi è che l’Unesco si dichiara «incerta» rispetto al possesso dei requisiti - da parte delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene - necessari a superare la prova. «Uncertain» è l’espressione usata dal direttore dell’Icomos incaricato di fare l’istruttoria per l’Unesco. E dunque della persona incaricata di proporre o meno il sito per l’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità.
Tre pagine e mezza che distillano cattive notizie per la candidatura delle Colline del Prosecco a Patrimonio dell’Umanità. Il dossier è definito «incompleto» e l’approccio «non completamente adeguato», le motivazioni «non chiare» né sostenute da esempi esaustivi che dimostrino i requisiti necessari.
Paradossalmente è proprio il repentino sviluppo del sistema Prosecco a orientare l’Unesco verso la bocciatura della candidatura: troppo recente il successo del fenomeno prosecco per dimostrare che si tratti di un paesaggio storico legato alla viticoltura e troppo comune in Europa un paesaggio legato alla viticoltura per attribuirgli la caratteristica di «valore universale».
«La conclusione della commissione - recita la lettera – è che il paesaggio del Prosecco come esiste oggi non può essere facilmente ricollegato alla configurazione di vigneti e metodi produttivi in essere dal 18esimo secolo o precedenti».
L’espressione «incerta» usata da Icomos è relativa a tre aspetti fondamentali: lo sviluppo storico del paesaggio, il cosiddetto «valore universale» del sito e le analisi comparative.
Sviluppo storico. Quanto allo «sviluppo storico del paesaggio» il dossier fa riferimento alle architetture medievali, alla presenza degli artisti rinascimentali e al paesaggio di redenzione, inteso come evoluzione dal tempo della povertà ad oggi. «Tuttavia - scrive l’Unesco – per nessuno di questi periodi storici il dossier chiarisce come questi fattori abbiano impattato sul paesaggio dell’area». Inoltre, «il dossier di candidatura non spiega chiaramente come il paesaggio sia stato rimodulato a causa dell’aumento della produzione. Non è stata fornita alcuna dettagliata prova dei cambiamenti della configurazione del paesaggio. (...) Senza questa documentazione non si è in grado di comparare il paesaggio storico con quello che sopravvive oggi» (...) Quindi la conclusione della commissione è che il paesaggio del Prosecco come esiste oggi non può essere facilmente ricollegato alla configurazione di vigneti e metodi produttivi in essere dal 18esimo secolo o precedenti».
Valore universale. Riguardo al «valore universale» la commissione Icomos sottolinea che «la caratteristica di primo interesse» del sito «è il suo sorprendente aspetto scenico», «l’indubbia suggestione», la «peculiare morfologia grazie alla natura incontaminata», il suo «sistema idraulico ben conservato». Insomma, un «paesaggio interessante».
«Tuttavia – aggiunge la lettera – considerate tutte assieme queste caratteristiche non sono necessariamente prova di eccezionalità. Infatti, scenografici paesaggi di vigneti sono relativamente numerosi in Europa. E un certo numero è già stato iscritto nel Patrimonio mondiale».
Sminuita anche la valenza del più antico istituto enologico italiano, quel Cerletti fondato nel 1876 che giustamente viene citato dal dossier a sostegno della «storicità» del Prosecco: «L’influenza della Scuola enologica è stata sovrastimata – scrive Bourdin – in quanto essa ha seguito un movimento generale che avveniva in Europa».
Insomma, il Cerletti nasceva quando la viticoltura europea si stava sviluppando ovunque. Infine una lapidaria considerazione sul boom del Prosecco: «La crescita di un’economia rurale di successo è uno sviluppo molto recente, dovuto a una produzione di alto rendimento a un costo relativamente più basso».
L’analisi comparativa. Quanto infine al terzo aspetto, quello legato alle analisi comparative, Icomos «considera che la metodologia proposta è sensata ma gli attributi scelti, le zone selezionate e gli esempi sembrano incompleti e l’approccio non completamente adeguato». Insomma, questi requisiti «non emergono in maniera chiara». «Anche l’approccio e la logica che sostiene le analisi comparative è inadeguata».
Infine, una improbabile ciambella di salvataggio: «Icomos considera che una elaborazione più significativa e concisa di analisi comparative è necessaria per accertare quanto il luogo proposto è o non è eccezionale e rilevante». Ma avverte: in Europa «è sempre più difficile trovare vigneti o paesaggi culturali collegati alla produzione di vino che presentano un valore eccezionale rilevante». Come dire: buona fortuna.
La conclusione è istituzionale: «Icomos comprende che le istanze identificate dalla commissione incontreranno profondo disappunto da parte di molti esperti, autorità locali e nazionali che hanno lavorato insieme per diversi anni al dossier».
La polemica sui pesticidi
“Ho appreso della bocciatura delle Colline del Conegliano-Valdobbiadene, che nei giorni scorsi non sono state dichiarate “Patrimonio dell’Umanità” dall’Unesco. Tale bocciatura è l’occasione per riflettere su vari aspetti di quelle zone, in primis quelli ambientali”.
Questo il pensiero della deputata patavina Silvia Benedetti. “Le motivazioni ufficiali parlano di “mancanza di unicità”, oltre che di un “dossier incompleto”, che potrà essere ripresentato con le dovute integrazioni tra un anno. Trovo curioso che, nonostante si siano spesi circa 800.000 euro per la candidatura, non si sia riusciti a presentare un dossier completo.
Nel dossier si evita peraltro di trattare il cosiddetto criterio “ambientale”, ovvero quello legato alla conservazione del territorio ed al non utilizzo di fitosanitari. Si trattava, a mio avviso, di uno dei criteri più importanti, sebbene non obbligatorio per una valutazione positiva. Tale mancanza è significativa, tanto più che le colline vengono pubblicizzate come salutari ed operanti in modo sostenibile dal punto di vista ambientale”.
“Nella scorsa legislatura, attraverso una mozione, ho imposto al governo di affrontare il problema dell’uso sostenibili nei fitosanitari nell’agricoltura. Nessuno ne ha parlato e non è stato un motivo di bocciatura all’Unesco, ma è fondamentale la sostenibilità ambientale nella coltivazione del prosecco, non solo perché le colline possano ottenere i riconoscimenti che meritano ma soprattutto per la salute dell’ambiente e delle persone”, termina Benedetti.
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