Ruba i dati e poi lascia l’azienda: condannato a due anni e 9 mesi

Il caso alla Big On Dry, con sede operativa a Loria: il dipendente infedele ha passato i file al nuovo datore di lavoro. Ora parte il procedimento civile: l’azienda chiede 6,4 milioni di danni

Niccolò Budoia
Dipendente infedele condannato dal tribunale di Vicenza
Dipendente infedele condannato dal tribunale di Vicenza

E’ stato condannato in primo grado a due anni e nove mesi e a una multa di 2.500 euro Diego Volpato, l’ex dipendente della Big On Dry che per alcuni mesi del 2019 ha prelevato e passato a una ditta concorrente, la Incomac srl in cui oggi lavora, progetti, disegni, fogli di calcolo, elementi costituenti proprietà intellettuale della stessa ditta. Ora partirà il procedimento civile, nel quale la Big On Dry ha chiesto un risarcimento danni di 6,4 milioni di euro.

La ditta, che ha sede a Pove del Grappa (Vicenza) e a una operativa a Castione di Loria, è specializzata nella progettazione e realizzazione di impianti e sistemi per l’essiccazione, la vaporizzazione e il trattamento termico del legno. I sospetti di Michele Bigon, trevigiano, socio unico della ditta, sono sorti dopo il rientro da un viaggio di lavoro di Volpato, collaboratore per il settore commerciale, lungo un mese e mezzo in Costa Rica, Guatemala e Messico: dopo dieci anni di lavoro l’uomo si era dimesso.

Già da maggio il dipendente aveva avviato trattative con la ditta concorrente, da cui aveva ricevuto la proposta ufficiale a inizio giugno 2019. Il 30 settembre, durante una riunione dei responsabili commerciali in vista del passaggio di consegne, Bigon si era accorto di come la cartella all’interno del software aziendale che il suo dipendente avrebbe dovuto aggiornare con gli ultimi mesi di attività non vedeva aggiunte da 8-10 mesi. Dopo aver chiesto a Volpato di farlo il giorno dopo lasciando in azienda il pc, Bigon si era reso conto che il questo non c’era: «Lo aveva prelevato attorno alle 7, quindi era tornato a casa parlando di un malore di un familiare», ha detto Bigon nella deposizione.

Arrivato a casa di Volpato lo ha atteso in auto e, quando questo si è allontanato, lo ha inseguito tentando di mettersi in contatto con lui. I due sono arrivati in azienda e Volpato ha detto che l’hard disk gli era stato rubato, ma altri due dipendenti lo hanno trovato nella valigia che Volpato aveva con sé. A quel punto Bigon si è accorto di come Volpato non avesse caricato alcun documento relativo agli ultimi viaggi compiuti in Centroamerica, mercato importante per la Big On Dry, e di come il dipendente non avesse restituito le sim aziendali.

Una sim messicana era stata disattivata pochi giorni prima, perdendone i dati: «In un pc e in un cellulare Incomac c’era una quantità enorme di documenti nostri e una decina di offerte formulate da Incomac verso imprese con cui eravamo in trattativa», ha proseguito Bigon.

La sua versione è stata accolta dal tribunale di Vicenza che ha condannato Volpato: per il giudice, «intendeva procurare un profitto ingiusto a Incomac e a sé (sia in termini di aumento della parte variabile della propria retribuzione sia in termini di progressione di carriera) incrementando il volume delle proprie vendite». La condanna per appropriazione indebita è aggravata «dall’abuso della relazione della prestazione d’opera professionale», scrive il giudice.

L’avvocato Renato Alberini, che difende Volpato, annuncia ricorso in Appello, contesta il merito, le circostanze riferite dalla sentenza di primo grado e la pena, che ritiene sproporzionata: «La Corte costituzionale ha già dichiarato illegittimo l’aumento di pena per questo tipo di reato, il cui minimo è fissato in 15 giorni e non in due anni come sostenuto in primo grado». 

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