Nelly Raisi Mantovani nuova guida della Lilt Treviso: «Prevenire è vivere»

Intervista alla neo presidente dell’associazione per la lotta ai tumori che raccoglie il testimone del dottor Alessandro Gava: «Impegnata dal 1993, la cultura attorno alla malattia è profondamente cambiata»

Valentina Calzavara
Nelly Raisi Mantovani, al centro con il microfono, è la nuova presidente della Lilt provinciale di Treviso
Nelly Raisi Mantovani, al centro con il microfono, è la nuova presidente della Lilt provinciale di Treviso

 

Dapprima socia, poi responsabile di delegazione, quindi vicepresidente. Ora il nuovo incarico alla presidenza della Lilt Provinciale di Treviso.

Nelly Raisi Mantovani, 76 anni di cui trentuno già trascorsi nella lega italiana per la lotta contro i tumori, ha raccolto il testimone dal dottor Alessandro Gava, ed è pronta a continuare sulla rotta tracciata. Forte della lunga esperienza personale maturata in Lilt ma anche della propensione ad aprirsi con curiosità ai nuovi progetti per incentivare, sempre più, la cultura della prevenzione oncologica sul territorio, abbracciando tutte le generazioni. Un’attenzione che deriva anche dal suo passato come insegnante di educazione tecnica, prima a Parma e poi nella Marca.

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dottor Alessandro Gava

«Accolgo con gioia questo impegnativo passaggio di testimone, ringrazio il dottor Gava, amico e professionista stimato, e sono pronta a portare avanti insieme a tutto il consiglio direttivo e ai nostri volontari, la missione e il messaggio di Lilt: prevenire è vivere» commenta Raisi Mantovani, ripercorrendo il cammino che l’ha vista crescere all’interno dell’associazione e allo stesso tempo assistere al cambio di paradigma della malattia oncologica.

Che cosa l’ha spinta a entrare nella Lilt?

«Alla fine degli anni Ottanta partecipai a un convegno a Firenze in cui ascoltai il professor Pietro Patrese, all’epoca primario di radioterapia oncologica al Ca’ Foncello, parlava di una piccola associazione che si occupava di prevenzione contro i tumori. Rimasi colpita dall’impegno di questo grande professionista per la causa e dalla sua apertura verso il volontariato. Andai a trovarlo e decisi che anch’io avrei potuto fare qualcosa. Perché non aiutare il prossimo, mi dissi, e così nel 1993 entrai in Lilt come socia, proprio quando iniziava la presidenza del dottor Gava».

Fu l’inizio di un percorso tanto intenso quanto avvincente, che ricordi conserva dei suoi primi passi all’interno dell’associazione?

«La sede era a San Leonardo e un mio grande punto di riferimento era la vicepresidente Maria Teresa Villanova, una mia grande maestra di vita per il suo impegno nel sociale e perché mi ha fatto credere fortemente nel valore di quello che si fa, ponendo anche un’attenzione di genere attraverso la consulta femminile. Lei mi diceva: dai dai andiamo e così entravamo nelle scuole per parlare di prevenzione ai ragazzi e alle ragazze».

Come sono mutate la percezione e la narrazione della malattia oncologica nel corso degli anni?

«Direi che è profondamente cambiata la cultura attorno alla malattia. Quando cominciai questa esperienza di volontariato alle conferenze che facevamo nei Comuni c’era pochissima gente, quando si pronunciava la parola “tumore” le persone facevano gesti scaramantici, ai gazebo in piazza molti giravano alla larga, chi viveva la malattia la teneva spesso nascosta. Oggi accade il contrario, le persone partecipano ai convegni, vogliono essere informate sulla prevenzione oncologica, aderiscono convintamente ai nostri inviti ad aderire agli screening del servizio sanitario nazionale». 

Cosa ha contribuito al cambio di paradigma?

«Credo sia stata determinante l’apertura delle nostre delegazioni sul territorio che hanno fidelizzato e rafforzato la nostra vicinanza alle persone. Oltre a Treviso, alla fine degli anni Ottanta aprì la prima delegazione a Castelfranco, tra gli anni Novanta e Duemila, fu la volta di Conegliano, Montebelluna, Vittorio Veneto e Oderzo. Oggi contiamo circa novecento volontari che ci permettono di essere presenti e capillari, facendo crescere la fiducia attorno alla Lilt ed anche il numero di sostenitori tra le aziende, gli enti pubblici, le istituzioni e i cittadini».

Qual è il bilancio di questi suoi primi trentuno anni in Lilt?

«Il mondo del volontariato è stupefacente, porta a mettersi in gioco e dona la consapevolezza di poter essere d’aiuto verso chi ha bisogno. Ognuno può investire un po’ del suo tempo. Personalmente, quello che ho ricevuto finora supera di gran lunga la disponibilità espressa nel fare volontariato. Spero che sempre più persone, davanti alla possibilità di impegnarsi, rispondano: perché no».

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