La messa del vescovo alla stazione Mom, nel ricordo di Francesco
Oltre cinquecento persone hanno partecipato alla liturgia della Vigilia. La preghiera di monsignor Tomasi: «Maria, avvolgi chi piange un figlio, una figlia, strappati alla vita dalla violenza insensata»

La Messa della Vigilia alla stazione delle corriere: un momento di riflessione nel ricordo, implicito, di Francesco. «Maria, Madre della consolazione - così una parte dell’omelia del vescovo di Treviso, monsignor Michele Tomasi, recitata di fronte ad oltre 500 persone - avvolgi e deponi chi piange un figlio, una figlia, strappati alla vita dalla violenza insensata, dalla fretta sconsiderata, da mercanti di illusioni e di morte».

Il riferimento a Francesco Favaretto
Anche quest'anno, la stazione delle corriere di via Lungo Sile Mattei a Treviso ha ospitato la Messa della Vigilia di Natale, celebrata dal vescovo di Treviso. Un appuntamento promosso da Ceis Treviso, Caritas e Comunità di Sant’Egidio, con il patrocinio del Comune di Treviso. La celebrazione, concelebrata da don Matteo Volpato, parroco di Fiera e Selvana, e don Bruno Baratto, direttore della Caritas Tarvisina, ha assunto quest'anno un significato ancora più profondo alla luce dei recenti tragici eventi che hanno colpito la città. La morte di Francesco Favaretto, il giovane di 22 anni deceduto a seguito delle gravi ferite riportate nell’aggressione avvenuta in centro storico il 12 dicembre, ha inevitabilmente segnato l’atmosfera.
Sebbene non vi sia stato un esplicito riferimento al giovane durante la celebrazione, la sua tragica vicenda ha aleggiato tra i presenti, invitando alla riflessione sui temi della violenza giovanile, della fragilità e della necessità di ricostruire un tessuto sociale più coeso.
La scelta della stazione delle corriere, luogo di passaggio e di incontro, ha assunto un valore simbolico ancora maggiore in questo contesto. Tra i presenti, l’assessora di Treviso Gloria Tessarolo, con la fascia tricolore in rappresentanza del Comune, il presidente del consiglio comunale Antonio Dotto, il consigliere di opposizione Stefano Pelloni, la sindaca di Ponte di Piave Paola Roma e il sindaco di Zero Branco Luca Durighetto.
L’omelia del vescovo
Partendo dall’immagine evangelica di Maria che «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio», monsignor Tomasi ha delineato un’omelia ricca di spunti di riflessione. Il vescovo ha posto l’accento sulla cura materna di Maria. «Non c’è posto nell’alloggio, le condizioni sono difficili e tanto faticose, ma noi vediamo – prima ancora e piuttosto che il disagio – la cura, la forza, l’amore di questa donna, di questa madre», ha affermato. Questo gesto racchiude in sé la «pienezza dei tempi, la pienezza dell’amore», rivelando «il frutto dell’amore di Dio che ci vuole donare la pienezza di vita». «L’eterno è entrato definitivamente nella storia, nella nostra storia, a servizio della vita, della nostra vita. Nel modo più semplice e miracoloso, più scontato e più incredibile», ha sottolineato il vescovo. In un’epoca segnata da incertezze e smarrimento, il vescovo ha invitato ad affidarsi a questo gesto di cura materna, «a questo piegarsi della mamma sul bimbo, a questo semplice e fondamentale atto di cura, a questo rivoluzionario servizio alla vita». Un invito che si traduce in una preghiera a Maria affinché accolga e protegga coloro che si trovano in difficoltà: «persone smarrite, ferite, abbandonate, orfane di speranza», «persone sole, quelle che non hanno nemmeno più lacrime da piangere», «gli sconfitti dalla vita, chi vive per strada».

Lo sguardo alle famiglie
L’omelia ha poi ampliato lo sguardo per le famiglie che lottano contro le incomprensioni, per chi piange la perdita di un figlio, per i genitori che si prendono cura di figli malati o disabili, e per i giovani «cui abbiamo rubato futuro e speranza». Monsignor Tomasi ha invocato anche Maria, madre del coraggio, per coloro che faticano a stare al passo con i ritmi del mondo contemporaneo, per chi sogna un futuro migliore e si impegna per la giustizia sociale, per chi offre aiuto a chi ne ha bisogno. Infine, l’invocazione a Maria, Madre della tenacia, si è rivolta alle vittime della guerra, ai suoi morti e feriti, e a tutti coloro che sono segnati dall’odio e dalla disperazione.
L’appello: «Abitare il mondo come una casa sicura e bella»
Concludendo, monsignor Tomasi ha esortato tutti a «imparare ad abitare questo nostro mondo come una casa sicura bella ed ospitale», accogliendo il dono di Dio e prendendosene cura, proprio come ha fatto Maria con Gesù bambino. Quel bambino, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, è il segno per tutti, un invito a «piegarci come la madre sul bambino che rinasce dalle macerie dei nostri fallimenti» e a prendersene cura, insieme, «nello stupore per la potente sovrabbondanza della vita».
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