Il picco dell’influenza della Marca: uffici chiusi, meno ore a scuola
Il virus colpisce duramente la provincia di Treviso, da dicembre 110 mila ammalati. Uffici chiusi e disagi per i servizi, nelle scuole tante assenze nel personale
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Tutta colpa dell’influenza: dalle aule svuotate a scuola ai computer spenti negli uffici, passando per bar e ristoranti alle prese con il personale assente.
Ci sono istituti come il Palladio a Treviso, dove negli ultimi giorni hanno fatto gran fatica a gestire il quotidiano fra insegnanti (sei), amministrativi (quattro su otto) e bidelli costretti a letto causa virus. Senza contare che l’australiana di recente ha messo in crisi pure la raccolta rifiuti (Savno): i netturbini malati l’hanno fatta saltare in otto Comuni dell’Alta Marca.
È l’effetto rimbalzo: l’incremento di ammalati negli ultimi giorni è conseguenza diretta del picco dei contagi rilevato fra il 30-31 gennaio e i primi giorni di febbraio. Complice il periodo di incubazione, che può durare anche una settimana.
Si è arrivati a circa 110 mila ammalati, da dicembre ad oggi, nella nostra provincia: uno ogni otto residenti. Ora l’influenza, però, sta iniziando la fase calante: i ricoverati per influenza all’Ulss 2 risultano infatti 177 contro i 205 di due settimane fa. Numeri che fanno capire che si è entrati nella coda di un’ondata cominciata due mesi fa. A colpi di raffreddore, febbre, tosse.
Già raggiunto il picco
«Stiamo scollinando, i numeri fanno pensare a un picco epidemico ormai passato», osserva Francesco Benazzi, direttore generale Ulss 2, «significativo che i ricoveri siano finalmente scesi. Ci può stare, in parallelo, un incremento di ammalati in questi giorni: è l’effetto rebound. Ossia l’effetto del picco influenzale, rilevato fra fine gennaio e la prima settimana di febbraio. Ricordando i cinque-sette giorni di incubazione».
La media dei nuovi ricoveri negli ospedali Ulss 2 per sindromi respiratorie non Covid è scesa, nel giro di due settimane, da 27 a 24 al giorno. Bassissima l’incidenza del Covid: oggi i ricoveri sono appena nove. Nel mentre, a scuola gli appelli della prima ora permettono di fare il quadro degli assenti e negli uffici non sfuggono le scrivanie vuote. Nei pubblici esercizi, bisogna fare i conti con il personale ridotto.
E alla cassa può capitare di incontrare chi ha appena superato l’influenza o chi ti riferisce dei familiari costretti a letto. Al Palladio, ad esempio, alcune classi, sono state fatte uscire prima o entrare dopo per via degli insegnanti assenti.
«Sono stati giorni piuttosto impegnativi. Devi arrangiarti con il personale interno, non puoi chiamare supplenti se i certificati medici dei docenti non raggiungono i 10 giorni», ricorda Rita Salvadori, preside dell’ex geometri. Al Da Vinci si registra una media di due alunni ammalati per classe. In tanti istituti il problema incombe già da settimane, ci sono state giornate in cui il numero degli influenzati risultava persino superiore. Il tema assenze si ripresenta ogni anno in questo periodo: «Febbraio è sempre difficile», sospira Anna Durigon, dirigente del Mazzotti.
«Siamo in linea con le settimane scorse», aggiunge Francesca Mondin, preside del Riccati-Luzzatti.
Vaccinazione al 50%
Interessante, in questa fase dell’influenza, analizzare anche la copertura vaccinale nella Marca: siamo attorno al 50-51% degli over 65, dato ufficioso e ancora suscettibile di piccole modifiche, ma in linea con l’anno passato. Incidono le note resistenze di alcune zone, ma merita una sottolineatura l’avanzamento rilevato a Treviso e dintorni.
«Molto positiva è stata la crescita dei vaccinati nell’area ex Ulss 9 Treviso-Oderzo, dove siamo arrivati al 61%», spiega il manager Ulss 2, «purtroppo paghiamo l’andamento di altre zone della nostra provincia, dove storicamente si vaccinano di meno. Mi riferisco alla Pedemontana, Asolano, in parte al Coneglianese. Il risultato di quelle aree fa abbassare la percentuale complessiva, portandola al 50%. Quindi lontani dall’obiettivo del 65%». I ricoveri, intanto, calano: «Stiamo mettendo, poco alla volta, l’influenza alle spalle», conclude Benazzi.
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