I «venerati maestri» di Berselli Quando la grande satira graffia
«Nei momenti di malumore, sempre più frequenti, io confesso che non mi piace nulla. Non mi piace un romanzo, non mi piace un film, la musica, la televisione, non mi piace praticamente niente di quanto viene prodotto in Italia. Non mi piacciono gli indiscutibili. Non mi piace ’o presepio. Non mi piace Roberto Benigni. Non mi piace Susanna Tamaro. Ad aggravare questa malattia dello spirito, devo dire che mi piace sempre meno anche Nanni Moretti, e all'occorrenza saprei spiegare perché Il Caimano è un film sbagliato. Non mi piace Tornatore, non mi piace Salvatores. Avrei molti dubbi anche su Dario Fo, e per equilibrio bipartisan ammetterò in via preventiva che ero e sono scettico pure su Oriana Fallaci». È il fulminante attacco di «Venerati maestri, Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia» (Mondadori, 9.50 euro), capolavoro del mai troppo compianto Edmondo Berselli. Più che un saggio, di fatto, è il primo libro comico sulla cultura italiana e le sue miserie. Un esercizio di stile degno di Longanesi e Flaiano. Da leggere assolutamente.
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