I Malenotti vendono il marchio Belstaff

I giubbotti dei vip da Mogliano al gruppo austriaco Lebelux per 40 milioni di euro
TREVISO. Belstaff parlerà austriaco. Lo storico marchio di abbigliamento che da anni veste Hollywood passerà dalle mani della famiglia Malenotti - titolare della Clothing Company di Mogliano Veneto - a quelle della famiglia austriaca Reimann, confluendo nella partecipata Lebenlux. L'annuncio della cessione ha squarciato il silenzio calato da qualche mese sul quartier generale della Belstaff di via Giotto a Mogliano Veneto, dove ha sede Clothing Company, casa madre detenuta da Franco Malenotti e dai figli Manuele e Michele, che partecipano con il 49% anche in Capalbio srl, altro marchio di nicchia ispiratosi all'abbigliamento tradizionale toscano. Una notizia trapelata anzitempo, secondo Malenotti, che mette le mani avanti parlando «operazione non conclusa» confermando però la sostanza dell'accordo, arrivato dopo due anni di ricerche di nuovi acquirenti.


A mancare sembra essere solo l'ufficialità dell'operazione. Il sigillo dovrebbe essere posto una volta definiti gli ultimi dettagli - prezzo, tempi e modalità d'acquisto - suggellando la cessione del ramo d'azienda che porterà le quote di controllo di Belstaff oltre confine. Più precisamente in Austria, dove ha sede Lebelux, holding finanziaria della famiglia Reimann, detentori di un patrimonio di 7,15 miliardi di euro. Sostanze sufficienti per andare all'arrembaggio del marchio Belstaff, il cui valore, secondo indiscrezioni, sarebbe valutato dagli austriaci attorno ai 40 milioni di euro. Una stima cospicua, ampiamente condivisa dagli analisti, che dà ragione al valore del marchio di giubbotti accresciuto grazie all'inventiva di Malenotti, licenziatario da 1991 per l'Italia di Belstaff, arrivato nel 2004 all'acquisizione totale del marchio ceduto all'epoca dal gruppo inglese James Halstead. Una strada lastricata di successi sul piano del marketing, vera leva su cui ha spinto l'azienda, arrivata a conquistare le vetrine mondiali attraverso il volano offerto dai divi di Hollywood, primi indossatori nei film come nella vita privata attraverso contratti cosiddetti di product placement - vera anima del cinema commerciale contemporaneo, attraverso cui una griffe paga per inserire i propri prodotti nelle scene dei film - e la vendita tramite i negozi sparsi nei cinque continenti.


Il rapido processo di sviluppo sul fronte industriale e commerciale aveva portato a uno squilibrio dei conti nonostante la ricapitalizzazione effettuata dai Malenotti, che aveva messo insieme un debito netto di 55,7 milioni di euro nel 2008, sostenuto con forza da Unicredit, che aveva portato a una prima ipotesi di cessione arrivata ora vicina al traguardo, dopo che Clothing Company è tornata a superare i 71,5 milioni di euro di fatturato nel 2010.
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