Giavera, maxi discarica nel capanonne: a processo anche l’ex sindaco

Fausto Gottardo e Claudio Zanatta imputati per gestione di rifiuti non autorizzata. Oltre 40 bilici di merce nel magazzino, formalmente destinato al riciclo di tessuti

Marco Filippi
Una discarica dentro al capannone
Una discarica dentro al capannone

Attività di gestione di rifiuti non autorizzata. È l’accusa da cui si devono difendere l’ex sindaco di Giavera Fausto Gottardo, 60 anni (difeso dall’avvocato Stefano Azzari), e il suo concittadino Claudio Zanatta, 71 anni (avvocato Giuseppe Antoniazzi).

Ieri mattina la prima udienza del processo, davanti al giudice Alberto Fraccalvieri, che vede come parte offesa l’imprenditore di Arcade Rino Pagotto (parte civile con l’avvocato Paolo Pastre).

L’inchiesta che ha portato Zanatta e l’ex sindaco di Giavera a processo è stata innescata dall’esposto in procura dell’imprenditore arcadese dopo che gli era stato proposto di costituire una società per il riciclo degli scarti di tessuto e si era però ritrovato l’intero capannone pieno di rifiuti. Tra i 40 e i 50 bilici di scarti, ma anche materassi e materiale coibentato.

La vicenda risale alla fine del 2020 quando l’imprenditore arcadese manifesta l’intenzione di vendere per un milione di euro il capannone di sua proprietà, che si trova a Giavera. Stando alla sua denuncia, si fa subito avanti Zanatta che prima manifesta l’intenzione di acquisto del capannone e poi gli propone di sfruttarlo come base per un’attività di riciclo di scarti di tessuto da trasformare in ovatta per l’edilizia.

«È il business del momento», dice all’imprenditore. «Ho un amico che ha il contratto con la Benetton (chiaramente l’azienda non c’entra nulla con la vicenda, ndr) di recupero degli scarti di lavorazione. Faremo soldi a palate».

L’imprenditore arcadese si convince del progetto e a inizio del 2021 sottoscrive un accordo per mettere a disposizione il suo capannone per avviare la nuova impresa. Consegna a Zanatta le chiavi dell’immobile e si accorda per un investimento da ottocentomila euro per adeguare a norma l’impianto elettrico dell’immobile.

Nel corso dell’anno, però, l’imprenditore vede che piano piano il capannone viene riempito non solo di scarti di lavorazione tessile, ma anche di materassi, lamiere coibentate e rifiuti non smaltiti. E a ogni richiesta di spiegazione da parte del proprietario del capannone, Zanatta avrebbe risposto con una scusa diversa.

Alla fine del 2021, quando ormai il capannone è saturo di rifiuti, quantificati tra i 40 e i 50 bilici di merce, il proprietario intima a Zanatta di restituirgli le chiavi. Cosa che non fa, rendendosi irreperibile al telefono.

Il sospetto, paventato dall’imprenditore di Arcade, è che Zanatta, prima di rendersi irreperibile, abbia intascato centinaia di migliaia di euro per smaltire la montagna di rifiuti stoccati successivamente nel suo capannone. Da qui la denuncia, sia nei confronti Zanatta che di Gottardo, che, secondo l’imprenditore, avrebbe avuto un ruolo attivo nella vicenda come ad esempio quello di avergli fatto sapere che per liberare i capannoni Zanatta voleva dei soldi. Accuse che i due imputati respingono con sdegno.

Ora starà al processo stabilire la verità. La prima udienza dibattimentale è stata fissata per il prossimo 14 aprile.

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