Febbre da slot a Treviso. Il dipendente di una sala: «Da noi c’è chi perde 5 mila euro a serata»

Il dipendente di una sala: ai grandi giocatori offriamo da bere
Italy, Val D'Aosta, Saint Vincent, people at slot machine
Italy, Val D'Aosta, Saint Vincent, people at slot machine

TREVISO. Per anni ha lavorato come dipendente all’interno di una sala slot della provincia di Treviso, ora accetta di raccontarci cosa succede all’interno e chi sono i giocatori. E a chi pensa si tratti di lavoratori sottopagati e sfruttati subito chiarisce: «Nemmeno per sogno. Contratti in regola, spesso del settore commercio, e alcuni anche a tempo indeterminato. Per essere assunti è necessario portare il casellario giudiziale».

Intanto cosa fa il lavoratore di una sala slot?

«Di tutto, dal bar, al cibo, fino a svuotare le slot, e pagare le giocate».

Le è mai capitato di sentirsi minacciato?

«No. C’erano pulsanti antipanico ovunque e la security. Ma la sicurezza si fa selezionando la clientela. Giocatori che danno fastidio ad altri, che sbraitano perché perdono non sono ben accetti, sono un problema».

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E come si fa a liberarsene?

«Li metti fuori dalla sala appena cominciano a dare fastidio e non li fai rientrare».

Qual è il giocatore “perfetto”?

«Quello con i soldi che gioca tutti i giorni. I titolari delle sale non hanno interesse ad avere clienti che si rovinano. Per due motivi: quando si sono giocati tutto non tornano più e danno fastidio ad altri. Guardano le giocate degli altri, o addirittura chiedono loro un prestito».

I buoni giocatori vengono incentivati in qualche modo?

«Hanno un trattamento di favore. Si offre loro da bere. Ho visto professionisti e imprenditori giocarsi anche 5 mila euro in una sera, non si va a chiedere loro i pochi euro del cocktail. Gliene portavamo un altro. Il giorno dopo erano ancora lì con altri soldi».

Secondo lei quante delle persone che entravano erano giocatori patologici?

«Il 60%. Era pieno di persone che arrivano da sole; finito di lavorare, invece di tornare a casa, passano alcune ore davanti alle slot. È un vizio, come l’alcol o il fumo. Ma ho conosciuto anche giocatori che si sono rivolti autonomamente al Sert».

L’identikit del giocatore tipo?

«Non ha sesso e non ha età. La platea di una sala slot è molto ampia. Ci sono anche gruppi di ragazzi che vengono una volta con 100 euro e poi non li vedi più. In questo caso è un intrattenimento. Ma credo che sui giocatori patologici pesi una sorta di predisposizione culturale».

In che senso?

«Chi non ha mai comprato un Gratta e Vinci non entrerà mai in una sala slot. Chi invece è cresciuto con i nonni che giocavano a scopa al bar ogni pomeriggio mettendoci dei soldi, o con le feste di famiglia che si trasformavano in una tombola con vincite in denaro, ha un’idea del gioco diversa. Non è moralmente inaccettabile».

La ordinanze dei sindaci sono una preoccupazione per i titolari della sale?

«Eccome. Alcune sale di fronte a ordinanze come quella di Treviso avrebbero dovuto chiudere la notte, ridurre gli incassi forse anche del 50% e lasciare a casa personale».

E al giocatore cambia qualcosa?

«Nulla, un posto dove andare a giocare lo trova sempre».

Tra le varie proposte avanzata dai sindaci, per contrastare il gioco c’è quella di non salvaguardare la privacy dei giocatori, non oscurando le vetrine. Cambierebbe qualcosa?

«Non andrebbe più nessuno. I clienti che ho conosciuto non hanno alcuna intenzione di farsi vedere mente giocano alle slot. Ma sa cosa accadrebbe?»

Prego…

«Che aprirebbero sale slot illegali e oscurate. E allora lì si infiltrerebbe la malavita».

Non sembra dare un giudizio negativo del gioco...

«C’è in tutta Europa, solo che noi lo gestiamo all’italiana, ovvero male».

Per esempio?

«In molti altri paesi le slot dopo un determinato numero di ore si spengono automaticamente, e dicono al giocatore da quanto tempo sta lì davanti. È un bel deterrente, perchè i giocatori chiusi all’interno di una sala slot non si rendono conto del tempo che trascorre. In Italia lo Stato lancia l’allarme ludopatia, ma non impone una norma simile che aiuterebbe a contrastarla. Da noi è facoltativo».

Cos’altro si potrebbe fare per regolarizzare il gioco?

«Intanto eliminare le slot da tabacchini, bar e edicole. Altra anomalia italiana. Ridurre le giocate minime, 50 centesimi per pigiare una volta un tasto non è poco. E poi se si emettono le ordinanze che si facciano anche rispettare».

 

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