Due figli di Bernini rinviati a giudizio

Monica e Ludovico a processo a Pordenone per una vicenda legata a una cessione di diamanti mai pagati

ASOLO

Comincerà a settembre il processo a carico di Monica e Ludovico Bernini, figli dell’ex ministro dei trasporti ed ex presidente della Regione Veneto Carlo Bernini, figura di primissimo piano della Dc veneta, scomparso nel 2011.

A far partire l’indagine è stata la denuncia di un imprenditore in pensione di Fontanafredda, assistito dal legale Leopoldo Da Ros. L’ottantenne ha riferito agli inquirenti di aver consegnato, nel gennaio 2018, ben 4 diamanti del valore – in base ai certificati in suo possesso – di 220 mila euro a Monica Bernini, 57 anni, di Asolo, per venderli.

Gli era stata consigliata dal suo direttore di banca come un’esperta nel commercio di diamanti. L’anziano non si è fatto dare una ricevuta, ma ha registrato una conversazione. Dopo alcuni mesi ha segnalato in Procura che la somma promessa non gli era stata corrisposta. Il pensionato non ha mai incontrato, invece, Ludovico Bernini, di Castelcucco.

Il pm Monica Carraturo ha contestato ai due fratelli l’ipotesi di truffa aggravata dalla minorata difesa, vista l’età avanzata della persona offesa, e autoriciclaggio (o l’ipotesi di ricettazione, in alternativa alla truffa, a Ludovico).

Il pm ha ipotizzato che Monica Bernini abbia consegnato al fratello i diamanti per farli acquistare a terzi non identificati, e che i due fratelli abbiano investito i preziosi in attività finanziarie trasferendoli a ignoti. Prima della fine dell’udienza preliminare pensionato e indagati hanno raggiunto un accordo: ricevuto un corrispettivo in denaro, inferiore alle iniziali richieste, l’anziano ha ritirato la querela. I reati, però, sono procedibili d’ufficio. Il gup Monica Biasutti ha rinviato a giudizio i due fratelli.

Le difese (gli avvocati Giorgio Castellani e Gabriele Berti per Monica Bernini e l’avvocato Davide Druda per Ludovico Bernini) contano di dimostrare al processo l’estraneità dei loro assistiti alle accuse. «Si tratta di una vicenda di carattere squisitamente civilistico – ha osservato l’avvocato Castellani –, che si è scelto di sbloccare con una denuncia penale, non avendone le prove. Contiamo che di fronte al tribunale la verità emerga, come già emerge dal fascicolo del pm e dalle sue indagini. Persone informate sui fatti hanno dato al pm una versione diversa rispetto a quella del denunciante. C’è stato casomai solo un ritardo nel pagamento, e non era mai stata pattuita una somma. Il presunto danneggiato pretendeva 220 mila euro per i diamanti, ma non valevano affatto una tale cifra. Tanto è vero che aveva tentato invano di venderli con la casa d’aste Bolaffi a 170 mila euro. Particolare che non ha citato nel suo esposto. Dopo aver ricevuto il denaro, ha ritirato la querela. È stata convenuta una somma ragionevole, assai inferiore a quella inizialmente richiesta». —



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