Da San Vendemiano a Vogue: M3 Knitwear, la maglieria in un lungo filo tra generazioni

Una storia iniziata sessant’anni fa e che ha passato indenne la grande spinta alla delocalizzazione.

La famiglia Saccon: «Fedeli al made in Italy, ci siamo costruiti la nostra nicchia con la moda di alta qualità»

Rossana Santolin
Marzia, Mauro, Reginetta e Michele Saccon
Marzia, Mauro, Reginetta e Michele Saccon

SAN VENDEMIANO. M3 Knitwear, ci ha aperto le porte dell’azienda di famiglia per mostrarci un mondo affascinante, poco conosciuto (e spesso poco apprezzato), fatto di colori accesi e fantasie, di scrupolosa manualità e alta tecnologia.

LA SVOLTA

Appena all’ingresso di San Vendemiano l’insegna dell’azienda (con spaccio annesso) passa quasi inosservata. Eppure ci troviamo nella sede operativa di una delle più importanti realtà tessili del Trevigiano. La storia del maglificio inizia sessant’anni fa e i suoi capi non tardano a comparire sulle copertine di Vogue. Poi arrivano gli anni Novanta, quelli della delocalizzazione selvaggia, e il destino dell’azienda sembra segnato. «All’epoca a Conegliano si contavano 15 maglifici, ma solo cinque sono sopravvissuti» spiega Marzia che, terminati gli studi, assieme ai fratelli Michele, Reginetta e Mauro, ha deciso di prendere in mano l’attività dei genitori.

Ed ecco che la “vecchia” Sapam si è trasformata nella più moderna M3 Knitwear per tenere alta l’asticella della qualità e abbracciare i canoni della moda contemporanea. «I primi dieci anni sono stati duri, poi abbiamo riscontrato una sorta di marcia indietro rispetto alla massificazione del settore e, recuperato ossigeno, ci siamo costruiti la nostra nicchia».

ALTA QUALITA’

Oggi M3 Knitwear si distingue come maglificio fantasista specializzato nella lavorazione di filati di alta qualità tra cui il mohair, una fibra ricavata dal pelo della capra d’Angora. «Sono la nostra cifra stilistica apprezzata da una clientela per il 95% straniera». Già nel 1988 l’allora Sapam era il maglificio di riferimento del brand Natan, maison belga in voga tra i reali di Bruxelles.

È belga anche Sara Pacini, marchio dal gusto minimal con cui l’azienda trevigiana collabora fin dal ’92. «Negli ultimi anni abbiamo stretto una collaborazione importante anche con la stilista francese Katia Sanchez (Des Petits Hauts) che propone linee di maglieria ecosostenibile. Chi si rivolge a noi non cerca solo operatività. Quel che offriamo è il valore aggiunto tipicamente made in Italy che ci permette di partire da un’idea e poi darle forma con soluzioni creative».

Una volta sviluppata la collezione, «ciascuna come fosse nostra», si procede alla fase di tessitura che per un maglificio fantasista implica un lavoro molto complesso di programmazione dei telai. «Si tratta di macchine iper tecnologiche – perlopiù giapponesi o tedesche, perché in Italia non se producono più da anni – mosse da manodopera altamente specializzata».

Con il tessuto alla mano si può procedere con il rimaglio, ovvero l’anima artigianale del processo rimasta proprio come una volta. «Anche in questo caso reperire la manodopera è difficile, ma confidiamo nel mondo scolastico che sta facendo passi avanti per avvicinare i giovani alla manifattura».

LAVAGGIO E RIFINITURA

Una volta assemblate le varie parti del capo si passa al lavaggio che darà «stabilità dimensionale» al capo. La Miele della M3 Knitwear conta 120 programmi diversi dove un minuto, o mezzo misurino di troppo, possono fare la differenza tra un capo pronto per la rifinitura e uno da rifare. In questo caso non si butta via nulla perché il filo potrà essere interamente recuperato alla roccatrice che sfila e riavvolge. «Una volta stirato procediamo con la rifinitura che, così come il confezionamento, viene fatta a mano». Questo vale anche per il rammendo che, ci confida Marzia, «non capita di rado richieda ancora l’intervento sapiente della mamma».

Con la prima generazione a consigliare e trasmettere saperi, i fratelli Saccon fanno muovere gli ingranaggi del maglificio che oggi conta 20 dipendenti e un fatturato di 3 milioni di euro (2020) con «prospettive di crescita incoraggianti». Sostenibilità Guardando al futuro, sostenibilità è la parola chiave. «Il settore moda è uno dei più inquinanti. Noi stiamo lavorando un’accortezza dopo l’altra per abbassare l’impatto: dall’uso di filati naturali all’eliminazione dello scarto, fino a un massimo di due spedizioni a stagione per ridurre il trasporto su gomma».

Una modella
Una modella

Marzia Saccon ci saluta con un auspicio e un consiglio. «Italia è l’unico paese dove è presente ogni tassello della filiera tessile. Mi auguro che sempre più persone possano conoscere e apprezzare questo patrimonio di saperi minacciato dalla moda usa e getta. Per questo ci auguriamo un ritorno alla cara e vecchia “maglia della domenica”: magari un po’ più costosa, ma durevole nel tempo». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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