Crisi di governo, l’analisi dei Trevigiani: «Draghi pugnalato alle spalle. Paura per il Paese»
TREVISO.
«Draghi ci dava la chiave d’accesso all’Europa. Ora cosa ne sarà dell’Italia?». Si può riassumere così il pensiero dei trevigiani, intercettati ieri mattina a spasso per le vie del centro. «Un macello», la prima parola che viene in mente agli intervistati, ragionando sulla caduta del governo Draghi, scioglimento delle camere, nuove elezioni programmate per il 25 settembre. È un caldo lunedì di fine luglio, ma in piazza dei Signori non trovi solo turisti. E quando spieghi il motivo del servizio, c’è subito voglia di sfogarsi, dire la propria, esprimere sdegno. Nella città leghista per antonomasia traspare sconcerto per la scelta della stessa Lega, Forza Italia e Cinque Stelle di abbandonare Draghi.
Alessandra Vidotto, in tal senso, non fa giri di parole: «Non potevano combinare disastro peggiore, Draghi era il miglior premier possibile», attacca, «non so cosa sia passato per la testa a Conte, avevo stima di lui. L’avevo apprezzato, quando era stato presidente del Consiglio. Non riesco a capire. E se dopo il 25 settembre toccherà alla Meloni, ho qualche timore per l’Italia».
Sulla stessa lunghezza d’onda è Eliseo Tosato: «La crisi di governo non ci voleva, dovranno passare mesi prima di averne uno nuovo. Tutto tempo perso: per il Paese, per chi ha bisogno. Draghi ci dava la chiave d’accesso all’Europa con trasparenza e competenza. Ora vediamo cosa succederà».
Giuseppe Zappia, 83 anni da compiere, va subito dritto al punto: «Della caduta di Draghi penso tutto il male possibile. In lui ho riposto fiducia, sono arrabbiato con chi l’ha fatto cadere. Non si possono sentire le scuse di Berlusconi e Salvini. Spero Draghi sia ancora protagonista dopo le elezioni: in prima persona o appoggiando qualche forza politica». Poi evidenzia un altro aspetto: «Mi tornano alla mente le infinite promesse di una riforma elettorale. Ce l’ho anzitutto con il centrodestra: in 20 anni ha governato tanto, ma senza garantire una legge elettorale che permetta un esecutivo duraturo. Sono sincero, non so se andrò a votare con questo sistema: ho la sensazione che, come l’ultima volta, servirà tempo per arrivare a un governo».
Giuseppe Grimaldi ammette: «Dispiace per Draghi, ho l’impressione che si sia "rotto le palle" di governare con certe persone. Peccato: una figura che gode di grande stima internazionale, ha dato una mano non indifferente all’Italia. Le elezioni? Purtroppo troveremo sempre le solite facce. Che non mi danno fiducia».
Gianni Quirino passa lì vicino, allargando le braccia: «Un macello. Eravamo i più rispettati al mondo. Finalmente. Ora chi può essere allo stesso livello di Draghi? Non lo so. Purtroppo paghiamo una ripicca di Conte, ha voluto prendersela con Draghi perché l’avevano fatto fuori». Poi suggerisce una chiave di lettura: «Draghi aveva comunque i numeri, avrebbe potuto sorvolare e tirare dritto dopo lo smarcamento iniziale dei Cinque Stelle. Ora non saprei chi votare. Chi può essere all’altezza di Draghi? Ma… E poi, lasciatemelo dire, non si può sopportare il reddito di cittadinanza».
Paolo Lenzi la sintetizza così: «Ho visto pugnalatori che hanno voluto scaricare la colpa su altri. Draghi è la persona migliore che abbiamo in Italia, di certo non l’ultimo arrivato a livello internazionale. Ora ipotizzo un grosso scombussolamento, non vedo la luce. Lasciatemi, però, una speranza: un nuovo governo Draghi».
Bruno Mori ribadisce il concetto: «Draghi è la persona più autorevole per quella carica. Alle elezioni temo ci saranno sempre più astenuti».
Mario Contin torna sulla genesi della crisi: «Draghi stesso si era stancato, ma una grossa mano l’ha data Conte con le sue bizze. Probabilmente riteneva troppo umiliante lavorare con gente ingovernabile. Andrà a votare il 60%, chiunque vinca non governerà. A meno che non faccia un inciucio».
Filiberto Altinier è durissimo: «Non andrò a votare. L’avevo fatto cinque anni fa per vedere una legislatura completa».
Elisa Farcas è una neodiplomata del Verdi di Valdobbiadene: «Draghi è di sicuro una figura importante, specie sul piano dell’economia. Altro non saprei dire. Noi giovani non parliamo di politica. A scuola, men che meno». Parole su cui i partiti dovrebbero riflettere.
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