Chi era Andrea Poloni, ucciso dalla malattia del Congo

Originario di Montebelluna, agricoltore e produttore di farine e birra con la passione dei viaggi. È il primo decesso in Italia riconducibile a questa malattia

Enzo Favero
Andrea Poloni, con la compagna Carol Yanga Ilako
Andrea Poloni, con la compagna Carol Yanga Ilako

Girare il mondo, fare del bene. Prima il Sudamerica, poi l’Africa.

Ci si è messo anche l’amore, a puntare la bussola dell’altruismo e del volontariato di Andrea Poloni verso la Repubblica Democratica del Congo.

È con la sua compagna, di quel paese originaria ma che da quasi quarant’anni vive a Quero, nel Bellunese, che Andrea ha deciso di intraprendere una serie di iniziative benefiche per dare sostegno alla popolazione della cittadina di Mbandaka, sul filo dell’equatore.

L’ultima era un viaggio per portare un container di aiuti, missione iniziata qualche settimana fa e terminata con il rientro a Trevignano martedì scorso.

Agricoltore e produttore di farine e birra a base di canapa con la sua azienda Canapari, Poloni ha trovato nel progetto umanitario la strada per convogliare la sua generosità e il suo saper fare: lo scorso settembre aveva organizzato un evento di beneficenza con cibi congolesi e un laboratorio di panificazione.

Originario di San Gaetano, quartiere di Montebelluna, Poloni aveva lavorato anche come elettricista, per poi dedicarsi alle energie rinnovabili con una ditta che si chiamava “Solo Sole”: il nome compare ancora sul campanello, al civico 10 di via Carso a Trevignano, nel casolare di campagna che per lui era abitazione e sede lavorativa.

Poi la scelta di dedicarsi all’agricoltura, alla produzione di canapa, settore del quale era entusiasta. E sempre con la passione per il mondo, dal Sudamerica all’Estremo Oriente.

«Mi aveva mandato lo scorso 2 dicembre una mail per farmi gli auguri di compleanno e mi ha scritto che sarebbe tornato martedì della scorsa settimana – racconta il cugino Davide Poloni – Andrea era uno spirito libero, era sempre in viaggio, andava frequentemente all’estero, era stato anche sull’Himalaya. Ho provato a sentire le altre nostre cugine per capire cosa sia accaduto, ma non è stato consentito neppure di vederlo. So che era stata la figlia ad andare a trovarlo e a cercare di convincerlo ad andare in ospedale quando ha visto che stava male».

Poi, il dramma e la morte in casa.

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