Casa&Cucina a Zero Branco da Ca’ Busatti, il regno di Primo. Una storia di grande amicizia

Lo chef Mario Biral Busato: «Con Luigi Cadamuro ho realizzato un sogno comune. E adesso per fortuna con me ora ci sono i suoi figli». E Anna raccoglie il testimone
Marina Grasso
Mario Biral Busato, per tutti Primo
Mario Biral Busato, per tutti Primo

ZERO BRANCO. «Avevo già più di vent’anni di esperienza, dei quali una quindicina nei ristoranti Cipriani di Venezia, e la voglia di costruire un mio ristorante. Avevo un amico fidato, Luigi Cadamuro, maître d’hotel con il quale condividevo questo sogno. E avevo due genitori anziani ai quali volevo stare più vicino.  Ca’ Busatti è stata la risposta a tutte queste esigenze».

Inizia così il racconto dello chef Mario Biral Busato, più noto come Primo, che ricorda come nel 1989 cominciò a trasformare una parte della casa di campagna dei suoi genitori in quello che  ancora oggi è un  ristorante dalle atmosfere che sembrano  sospese nel tempo, ma in cui la cucina continua ad aggiornarsi e ad essere, spesso, precorritrice dei tempi. 

«Lo abbiamo costruito un po’ alla volta, con fatica e dedizione infinite, perché questo non è un locale “facile”: sorge tra i campi, è piuttosto nascosto e quasi al confine tra la provincia di Treviso e quella di Venezia, tanto che abbiamo una clientela soprattutto veneziana e padovana. Non è stato semplice affermarci in un luogo così e proprio per questo abbiamo voluto dare alle sue  sale una forte personalità, mentre io mi sono sempre sforzato di ancorare la cucina alle stagioni, ma variando frequentemente il menù rielaborando le ricette anno dopo anno in modo diverso. E dopo 33 anni di attività posso dire che di questa fatica siamo stati ampiamente ripagati dalla soddisfazione che i nostri clienti continuano ad esprimerci». 


Continua a parlare al plurale, Primo. Ma Luigi se n’è andato, e in fretta, nel maggio 2020, alla vigilia della riapertura dopo il lockdown. Aveva 79 anni ed era in gran forma, ma l’ictus - che l’ha colto proprio mentre era con Primo al ristorante - non gli ha lasciato scampo.

«Non mi sembra ancora possibile», commenta commosso lo chef. Che ritrova uno sguardo luminoso quando aggiunge: «Per fortuna ci sono i suoi figli, Augusto in cucina con me e Anna, che da anni condivideva con lui la cura della sala e ne ha subito preso il controllo con forza indicibile». 

«Questo è un ristorante di famiglia, in tutto è per tutto», precisa Anna Cadamuro, «che fa parte della mia vita da sempre e dove lavoro dal 1994, quand’ero una ragazzina. E come una vera famiglia, sostenendoci e incoraggiandoci, abbiamo ricominciato a lavorar e dopo questo terribile lutto improvviso che arrivava dopo tre mesi in cui avevamo cambiato pelle per iniziare il servizio di asporto e di consegna, non sempre facile per una cucina piuttosto elaborata come la nostra. Pur se con grande fatica, avevamo resistito bene alla chiusura e devo anche dire che questa ci è anche stata “utile” per farci conoscere maggiormente in zona, poiché dopo tanti anni di attività non eravamo ancora riusciti a conquistare il pubblico locale. Proprio con l’inattesa esigenza di prossimità di quei mesi, i vicini di casa ci hanno “scoperti”, e molti hanno anche cominciato a frequentare il ristorante». 


Per arrivare a Ca’ Busatti,infatti, bisogna percorrere un po’ di strade di campagna, “azzeccare” una serie di svolte (ben indicate dagli appositi cartelli), oltrepassare un pioppeto e attraversare un grande e curatissimo giardino con due laghetti abitati da anatre e papere. Ed entrare, così, in una piccola bomboniera di campagna punteggiata di argenti e cristalli, di comodini antichi e di tovaglie di lino ricamate («Papà Luigi le andava a cercare personalmente anche nei corredi delle nonne», ricorda Anna), di posate e sottopiatti d’argento appartenuti ai transatlantici d’inizio Novecento, di gustosa e ben dosata originalità. Dove pane e grissini (serviti su originali scaldapane, d’argento anche quelli), burro e pasta, piccola pasticceria e gelati sono rigorosamente fatti in casa ogni giorno, da una cucina in cui Primo ha imposto una sua precisa regola: «Siamo in tre, più eventuali aggiunti per le giornate più affollate», spiega.

«E facciamo tutti tutto, dagli antipasti ai dessert, senza specializzazioni e con grande collaborazione. Questo perché so che in cucina è facile che nascano competizioni e piccole invidie e non ne voglio nemmeno sentir parlare. Collaboriamo tutti per ottenere lo stesso risultato, che voglio sempre sia l'eccellenza». 

Forse è questo il segreto della serenità che si respira a Ca’ Busatti? «Quel che è certo», conclude Anna, «è che siamo tutti impegnati a portare avanti questa storia di famiglia, con serenità e professionalità. E coccolando sempre i clienti, come voleva papà». —

 

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso