«Basta dire che i ragazzi non vogliono lavorare. Vi raccontiamo le storie di chi viene sfruttato»

Pablo Perissinotto, cantautore, e Nicola Piva, ristoratore, hanno creato uno spettacolo per denunciare le storture del mondo dell’occupazione
Elena Grassi
Pablo Perissinotto e Nicola Piva
Pablo Perissinotto e Nicola Piva

TREVISO. «Dicono che non volete fare più certi lavori/ dicono siete la causa di disagi e malumori/che volete tutto e subito senza fare sacrifici/ lo dice anche Briatore e tutti i suoi amici». È l’incipit del nuovo singolo del cantautore mottense Pablo Perissinotto a difesa dei giovani accusati, soprattutto dal comparto della ristorazione senza manodopera, di essere dei fannulloni.

La canzone sarà al centro dello spettacolo “Bulloni. I giovani di oggi non hanno voglia di lavorare”, che andrà in scena proprio in un ristorante, il “Gallo Matto” di Motta di Livenza, domani alle 21, con la collaborazione del titolare Nicola Piva, che ha sposato l’iniziativa.

E se Perissinotto è noto sulla scena musicale per i suoi brani di protesta, Piva è una voce fuori dal coro della sua categoria, dimostrando che un trattamento giusto, sia economico che umano, può essere un incentivo importante per i giovani.

Il testo della canzone composta da Perissinotto
Il testo della canzone composta da Perissinotto

«Problemi di personale? Mai»

«Ho aperto il “Gallo Matto” nel 2010 e non ho mai avuto problemi di personale, benché l’impiego sia totalmente serale, dalle 18 alle 23 circa – spiega Piva – attualmente ho quattro persone che lavorano per me, tra i 20 e i 40 anni, tre sono assunte con il Cnl della categoria, mentre una studentessa universitaria, che viene solo qualche sera, è pagata con i voucher, io vorrei assumerla fissa, ma lei per il momento non può darmi ulteriore disponibilità, quindi lancio un appello per offrire un posto a un giovane che mi gestisca la sala». Il lavoro quindi non manca, ma perché domanda e offerta non s’incontrano? «Il periodo post pandemico è difficile – continua il ristoratore – e se da un lato sicuramente ci saranno giovani svogliati, dall’altro ci sono molte situazioni di sfruttamento, di cui parlerà Perissinotto nello spettacolo, ma di sicuro quello che possiamo fare noi ristoratori è trattare i ragazzi con rispetto e garantire loro un’equa retribuzione. Anch’io ho un figlio ventenne e considero i miei collaboratori come una famiglia». Quale può essere una giusta retribuzione in termini generali? «Dipende dal tipo di mansione – risponde Piva - ma per una cameriera che lavora part-time, come ad esempio nei locali aperti solo alla sera, dovrebbe aggirarsi sui mille euro al mese».

Le testimonianze

Questo però, stando ad una toccante testimonianza raccolta da Perissinotto, è lo stipendio che ha dichiarato di percepire Gianluca, un ventunenne trevigiano, studente d’ingegneria a Padova, che ha fatto nel 2021 la stagione in un ristorante a Jesolo. «La paga è stata di 986 euro per oltre 300 ore di lavoro – scrive Gianluca - avevo lavorato più del doppio dell'orario stabilito per prendere duecento euro in meno della paga stabilita. Quello che il titolare chiamava “vitto dignitoso” erano in realtà degli spuntini veloci (in piedi) mentre lavoravo. L’alloggio una stanza di 3,5 metri per 2,6 senza finestra, che dividevo con un altro ragazzo». Sono solo pochi passaggi di uno scritto pubblicato integralmente sulla pagina FB di Perissinotto, finito anche tra i banchi del consiglio regionale della Lombardia nella seduta di martedì come testimonianza simbolo di un’emergenza sociale. «Durante lo spettacolo leggerò alcune delle molte storie come quella di Gianluca – spiega il cantautore - tutte con un comune denominatore: l’adescamento telefonico o tramite colloquio, perché non resti niente di scritto, con la promessa di uno stipendio adeguato e un orario rispettoso dei diritti del lavoratore. Promessa frantumata da una realtà da incubo, fatta di sfruttamento e vessazioni, in cui il giovane resta invischiato o per bisogno, per paura di deludere i genitori o perché sente lo stigma sociale del “fannullone». Le stime parlano di 100mila ragazzi italiani che vanno all’estero persino a fare la stagione, perché trovano condizioni migliori, oltre ai “cervelli in fuga” abbiamo anche le “braccia in fuga”».

Argomenti:storie

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso