In dieci contro uno, poi l'accoltellamento a Treviso: «L’ho quasi ammazzato»

Ecco chi sono i ragazzini arrestati per l’omicidio di Francesco Favaretto: da Treviso e da Ponte di Piave. Uno di loro si difende: «A me non interessava nemmeno la droga»

Marco Filippi
La polizia mentre ferma un ragazzo in via Manin la notte dell'aggressione
La polizia mentre ferma un ragazzo in via Manin la notte dell'aggressione

«L’ho quasi ammazzato». Quando uno dei tre ragazzi, in carcere per omicidio, pronuncia al telefono questa frase, per gli agenti della squadra mobile di Treviso è la perfetta chiusura del cerchio dei sospettati e dei loro ruoli nel tentato omicidio di Francesco Favaretto, accusa che da ieri mattina, dopo la morte del 22enne trevigiano all’ospedale dov’era ricoverato dalla notte dell’aggressione, è cambiata in omicidio volontario.

I poliziotti già da qualche giorno, in base alle testimonianze raccolte, avevano definito i vari ruoli del gruppo di una decina di giovani che, la sera del 12 dicembre scorso, avevano aggredito Francesco Favaretto per derubarlo dell’hashish.

Tutti italiani di seconda generazione di famiglie residenti nella Marca. Mancava quella frase, detta al telefono, per suggellare l’indagine.

Loro non lo sapevano ma tutti i principali indagati nell’aggressione sfociata nell’omicidio di Favaretto erano intercettati. Ed è grazie alle conversazioni telefoni che l’indagine ha subito un’accelerazione decisiva.

Una miniera di informazioni utili per confermare in linea di massima la versione dei fatti data alla polizia da una testimone.

Stamattina ci saranno gli interrogatori dei due maggiorenni, arrestati per l’omicidio di Favaretto. L’udienza si terrà nel carcere di Santa Bona, davanti al giudice delle indagini preliminari Carlo Colombo.

I nomi

Toluwaloju Ade Mclinkspual, 19 anni di Ponte di Piave (difeso dall’avvocato Valentina Pignata), e Angelo Riccardo Ozuna, 18 anni di Treviso (difeso dall’avvocato Alessandra Rech) avranno l’opportunità di dire la loro verità.

Ozuna, in particolare, ha fin dall’inizio respinto l’accusa di aver partecipato all’omicidio di Favaretto. «A me non interessava nemmeno la droga perché per lavoro non posso assumerla e sono costantemente sottoposto a controlli dell’urina».

Da lunedì scorso Ozuna ha iniziato a lavorare come operaio-montatore di impalcature per una ditta di Cremona.

I poliziotti sono andati ad arrestarlo sabato proprio nel capoluogo lombardo. Dalle immagini delle telecamere che hanno inquadrato la scena dell’aggressione, si vedrebbe Ozuna prendere a calci Favaretto mentre si sta azzuffando con un suo amico. Poi lo si vedrebbe scappare. Una versione dei fatti che lo stesso Ozuna ha confermato anche al suo legale, l’avvocato Rech.

Stando alla sua versione dei fatti, Favaretto era completamente sotto l’effetto della ketamina, barcollava ed aveva offerto, in un primo momento, al gruppo di aggressori dell’hashish, proprio nei pressi del Pam, dov’erano andati ad acquistare delle bottiglie di vino.

Il gruppo di aggressori, formato da sei minorenni e quattro maggiorenni, ha raggiunto poi Favaretto in via Castelmenardo con l’intento di derubarlo dell’hashish che aveva nelle mutande. A quel punto c’è stato un alterco ed è scattata l’aggressione.

Si tratta tutti di ragazzi italiani di seconda generazione. Ade Mclinkspual vive in una casa nella golena del Piave a Ponte di Piave, ha 4 fratelli ed è figlio di un pastore evangelico nigeriano e di una commerciante che gestisce un negozio etnico africano a Villorba. Prima di essere arrestato era studente all’istituto professionale Giorgi di Treviso.

Il 18enne Ozuna invece vive a Santa Bona con la madre e aveva iniziato da poco a lavorare per una ditta del comparto edilizio a Cremona.

Il minorenne di 15 anni, arrestato e attualmente rinchiuso nel carcere minorile di Santa Bona, vive a Treviso, ed era già noto alle forze dell’ordine per aver partecipato ad atti di vandalismo in una fontana del centro città.

Tutti avrebbero inoltre dei piccoli precedenti di polizia per rapina di giubbotti o soldi a coetanei. Tra i dieci indagati a vario titolo per omicidio e rapina ci sono anche delle ragazze. Una di loro, A.T., 19 anni di Ponte di Piave (difesa dall’avvocato Barbara Mertens), i cui genitori sono originari del Senegal, è indagata a piede libero per omicidio.

Durante l’aggressione avrebbe colpito Favaretto con una bottiglia di prosecco che era stata acquistata al Pam pochi istanti prima.

Un altro indagato a piede libero M.P., 19 anni di Treviso, (difeso dall’avvocato Mario Nordio) è accusato soltanto di rapina. A quest’ultimo la polizia ha sequestrato il cellulare e degli indumenti, presumibilmente quelli indossati la sera dell’aggressione. 

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