A Treviso rientro dalle ferie in aziende-focolaio: «L’Aia di Vazzola diventi zona rossa»

TREVISO Rientro in fabbrica con il virus. Se nella prima fase dell’emergenza le aziende erano citate come esempi virtuosi, oggi sembrano diventate il principale serbatoio di Covid-19. Brt (ex Bartolini) a Casale, Master a Vedelago, Aia a Vazzola hanno registrato contagi a doppia o tripla cifra; Benetton casi singoli; Electrolux guarda con ansia ai tamponi di oggi.
E se le “big” sono controllate, molti timori si riferiscono alle aziende più piccole, dove il contagio potrebbe correre indisturbato. Stamattina scatterà il rientro in azienda per migliaia di trevigiani, e l’apprensione è ai massimi. Sarà uno stress-test paragonabile alla ripresa delle scuola. I fari sono puntati sull’Aia di Vazzola, che qualcuno vorrebbe trasformare in zona rossa.
Lo chiedono sindacati e lavoratori, auspicando che lo stabilimento rimanga chiuso alcuni giorni per sanificare da cima a fondo gli spazi di quello che è, oggi, uno dei maggiori focolai italiani: 125 operai positivi con ancora più di un centinaio da testare. Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil hanno denunciato la situazione alla prefettura e si stanno confrontando ogni giorno con Usl 2, azienda e Comune di Vazzola.
Le forze sociali spingono per misure rigorose, ma l’azienda rimane aperta e oggi testerà gli operai di ritorno dalle ferie. Nella Marca tensione anche in Electrolux, dove sono stati messi in quarantena preventiva alcuni dipendenti che convivono con operai Aia positivi. Augustin Breda, Rsu Fiom a Susegana, parla di «scelta incomprensibile» riferendosi alla mancata chiusura dell’Aia.
appello per la chiusura
«A livello unitario, come sindacati, abbiamo chiesto la convocazione del comitato Covid-19 di Aia formalizzando una richiesta di incontro a prefetto, Usl 2 e sindaco di Vazzola» racconta Rosita Battain, sindacalista Cgil, «a livello personale, come Flai Cgil, mi chiedo come sia possibile che l’azienda sia ancora aperta». E se lo chiedono anche gli operai, che si aspettavano soluzioni più drastiche da parte dell’autorità sanitaria dopo la scoperta dei primi 20 casi su 38 tamponi effettuati, casi lievitati in pochi giorni a quota 125.
effetto serena
«Vogliamo che quanto meno la possibilità di chiudere l’azienda venga messa sul piatto e discussa» continua Battain, «se i primi risultati potevano lasciare qualche dubbio, gli ultimi dati, che non sono nemmeno completi perché mancano da testare 150 lavoratori, impongono una riflessione». Sembra di assistere a un film già visto: quello della Caserma Serena, dove i primi casi di Covid hanno rapidamente esteso il focolaio alla quasi totalità della popolazione residente. La partita dell’Aia è fondamentale anche per tutte le altre realtà che potrebbero incorrere in casi analoghi. «Chi è stato trovato negativo al primo tampone poi ha lavorato con colleghi risultati positivi in seguito» continua Battain, «è stato trovato positivo al Covid un lavoratore con cinque figli e una moglie. Ci sono operai che arrivano al lavoro in quattro o cinque sulla stessa automobile per risparmiare. Il rischio che il focolaio si allarghi ancora è concreto». La decisione su un’eventuale chiusura spetta a Usl e prefettura. Il sindaco di Vazzola, Giovanni Zanon, risponde che «durante l’ultimo incontro, giovedì scorso, mi hanno detto che non c’erano i presupposti per una decisione del genere, non entro nel merito perché non è una scelta che spetta al sindaco. Attendiamo le valutazioni degli enti preposti, siamo pronti a ogni cosa».
prefettura in allerta
«Se hanno fatto richiesta di un incontro, i sindacati saranno ricevuti a stretto giro» risponde il prefetto Maria Rosaria Laganà, «valuteremo se ci sono i presupposti per una chiusura assieme all’Usl». Valutazione complicata, perché, spiega la prefettura, il caso è diverso da quello della Serena. All’Aia la separazione tra positivi e negativi è stata fatta in tempi più rapidi (alla Serena, per svariati motivi, non era stata proprio fatta), e i contagiati sono rimasti a casa da subito.
paura a susegana
Gli effetti del focolaio di Vazzola si sentono anche a Susegana, perché Electrolux ha deciso di mettere in quarantena - e sottoporre a tampone - alcuni dipendenti che convivono con operai dell’Aia. Nelle chat tra colleghi serpeggia il panico per il rischio di un nuovo focolaio: «Incomprensibile che a Vazzola ci sia un’azienda con quei numeri, con persone che possono entrare e uscire liberamente e andare ovunque, con altissimo rischio di contagio» tuona Augustin Breda, Rsu della fabbrica di Susegana. «La prima cosa da fare dopo i primi casi era sospendere l’attività e mettere in quarantena tutti. L’apprensione è alta sia in Electrolux che nelle aziende circostanti, sono esterrefatto dal silenzio della politica». —
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